6 Maggio 2022
Novità UE per i lavoratori entro il 1° agosto 2022
Lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea è attualmente all’esame della Camera dei Deputati. Il termine per il recepimento della direttiva è fissato al 1° agosto 2022.
Il decreto introduce disposizioni sui diritti minimi e sulle informazioni da fornire ai lavoratori in merito alle rispettive condizioni di lavoro, con l’obiettivo di rispondere alle nuove sfide del mercato del lavoro legate agli sviluppi demografici, alla digitalizzazione e a nuove forme di lavoro.
Nello specifico, la direttiva si propone di migliorare: l’accesso dei lavoratori alle informazioni concernenti il loro contratto di lavoro; le condizioni di lavoro di tutti i lavoratori, con particolare riferimento alle tipologie di lavoro non standard, salvaguardando, allo stesso tempo, l’adattabilità e l’innovazione del mercato del lavoro; il rispetto delle norme in materia di condizioni di lavoro, mediante un rafforzamento delle misure di tutela a ciò preposte; la trasparenza nel mercato del lavoro, evitando di imporre oneri eccessivi alle imprese di qualsiasi dimensione.
In particolare, riportiamo l’attenzione sui seguenti articoli:
- l’articolo 7, nel recepire l’articolo 8 della direttiva 1152/2019, detta alcuni principi in materia di periodo di prova, confermandone la durata in un termine non superiore a 6 mesi (salvo minor durata prevista dai CCNL). In particolare, viene codificato il principio per cui eventuali assenze del lavoratore durante il periodo di prova ne estenderanno la durata in misura proporzionale. Inoltre, è stata introdotta la regola per cui nei rapporti di lavoro a tempo determinato, la durata del periodo di prova dovrà essere proporzionale alla durata prevista del contratto ed alla “natura dell’impiego”.
- l’art. 8, nel recepire l’articolo 9 della direttiva 2019/1152, sancisce il principio secondo cui un datore di lavoro non possa di norma vietare ad un lavoratore di svolgere un impiego parallelo al di fuori dell’orario di lavoro stabilito, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole.
- l’art. 9 recepisce il corrispondente articolo 10 della direttiva 2019/1152 e sancisce il principio della prevedibilità minima dell’orario di lavoro per quei lavoratori il cui rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione ex art. 2 D. Lgs n. 81/2015, ovvero di agenzia e/o rappresentanza commerciale, si svolga secondo modalità organizzative in tutto o in gran parte imprevedibili.
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28 Aprile 2022
Social scoring: il consenso investe anche l’algoritmo
La Corte di Cassazione interviene sul c.d. “social scoring”, ossia l’uso di sistemi informatici per la valutazione dell’affidabilità delle persone fisiche.
Con l’ordinanza 14381/21 esprime infatti un principio che si preannuncia di rilievo anche in relazione a futuri sviluppi della frontiera dell’intelligenza artificiale: “il consenso è validamente prestato solo se espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato; ne segue che nel caso di una piattaforma web preordinata all’elaborazione di profili reputazionali di singole persone incentrata su un sistema di calcolo con alla base un algoritmo finalizzato a stabilire i punteggi di affidabilità, il requisito di consapevolezza non può considerarsi soddisfatto ove lo schema dell’algoritmo e gli elementi di cui si compone restino ignoti o non conoscibili da parte degli interessati”.
Dunque, ancora una volta il focus è sul consenso informato, che deve essere pienamente libero, specifico e consapevole, anche se nel caso di specie potrebbero emergere criticità su come il principio possa tradursi concretamente rispetto al grado di conoscenza che un soggetto non qualificato possa avere di un algoritmo. Resta il fatto che sul versante del titolare incombe comunque l’onere di predisporre un’informativa che dia adeguato conto del processo informatico alla base della valutazione.
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21 Aprile 2022
Conflitto d’interesse dell’amministratore e annullabilità del contratto dallo stesso concluso
Nella recente sentenza del 5 gennaio 2022, la Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di conflitto di interesse dell’amministratore la disciplina applicabile non va ricercata solo nell’art. 2391 c.c. ma, a seconda dei casi, può rilevare anche il disposto dell’art. 1394 c.c., con conseguente possibilità per la società di ottenere l’annullamento del contratto concluso dal suo amministratore in conflitto di interesse se tale conflitto era conosciuto o conoscibile al terzo contraente.
In particolare, è stato precisato che “nell’ipotesi prefigurata dall’art. 2391 c.c. il conflitto emerge in sede deliberativa e, quindi, in un momento anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo, e tocca, pertanto, l’esercizio (non già del potere rappresentativo, che si puntualizza nella spendita del nome della società verso i terzi) ma del potere di gestione, il cui esercizio, data la struttura dell’organo amministrativo, si estrinseca in deliberazioni collegiali”. Qualora, invece, il compimento di un atto posto in essere dal singolo amministratore non sia preceduto da una delibera consigliare, non sussistendo i presupposti per applicare l’art. 2391 c.c., la rilevanza del conflitto d’interesse dell’amministratore sulla validità del negozio deve essere disciplinata dai principi generali dettati dall’art. 1394 c.c.. Ciò può accedere nei casi in cui, pur essendovi il consiglio di amministrazione, l’operazione da compiere sia devoluta alla specifica competenza di uno soltanto dei suoi componenti (l’amministratore delegato) che abbia il potere di agire a firma singola ovvero quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto che rientri, invece, nella competenza di tale organo
E’ stato, infine, sottolineato che “il conflitto d’interessi idoneo, ai sensi dell’art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro”.
5 Aprile 2022
E’ valido il contratto bancario di investimento anche quando denominato dalle parti “Assicurazione sulla vita”
Un contratto bancario chiamato dal punto di vista formale “assicurazione sulla vita” può avere una finalità d’investimento se le parti hanno raggiunto l’accordo sulla sostanza del negozio: lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 9446/22.
Nel caso di specie, un soggetto aveva stipulato con una società bancaria un contratto qualificato come “assicurazione sulla vita”, il quale stabiliva che il premio versato fosse investito in fondi speculativi, senza prevedere un rendimento minimo, né la garanzia di restituzione di almeno il capitale investito. I due fondi, ai quali era stato indirizzato il premio, erano nel tempo divenuti illiquidi. Quando l’attore ha esercitato il diritto di riscatto, ha ricevuto una somma notevolmente inferiore rispetto a quanto investito. Per tale motivo ha chiesto che fosse dichiarato nullo il contratto per violazione delle norme che disciplinano gli obblighi informativi precontrattuali e quelli di diligenza gravanti sugli intermediari. Nei precedenti gradi di merito la richiesta è stata respinta. Per tale motivo, l’attore ha presentato ricorso in Cassazione denunciando che, pur avendo stipulato un contratto formalmente chiamato di “assicurazione”, si trattava di un contratto di investimento che, di conseguenza, fosse nullo.
La Cassazione ha rigettato l’appello, sancendo che il contratto di investimento è valido e lecito e non diventa nullo solo perché le parti lo abbiano qualificato “assicurazione sulla vita”, condizione che esso non contrasti con norme imperative o, se l’erronea qualificazione formale, non abbia tratto in inganno le parti. Una circostanza che in questo caso non è avvenuta in quanto l’attore era consapevole fin dall’inizio della tipologia di contratto che andava a firmare.
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8 Marzo 2022
Il recesso del socio nelle Spa e l’elemento temporale della durata della società
Nella recentissima sentenza n. 6280/2022 del 24.2.2022 la Corte di Cassazione si è occupata del tema del rilievo dell’elemento temporale della durata della società rispetto al diritto di recesso spettante ai soci di S.p.a. L’occasione è stata data dalla causa promossa da un socio di una S.p.a. che non aveva partecipato alla delibera dell’assemblea straordinaria con cui la durata della società era stata abbreviata dal 2100 al 2040 e per tale ragione aveva esercitato il diritto di recesso ex art. 2473 c.1 let. e) sostenendo che in tal modo fosse stata di fatto eliminata l’ipotesi di recesso prevista dal secondo comma di detta norma (i.e. proroga della durata della società).
In primo luogo, è stato chiarito che, trattandosi di S.p.A., le fattispecie per le quali è riconosciuto il diritto di recesso per il socio che non abbia concorso all’approvazione delle deliberazioni indicate nell’art. 2437 c.c. (o nei casi previsti statutariamente – ove consentito -), sono di STRETTA INTERPRETAZIONE. Ciò in ragione del fatto che il diritto di recesso è concepito dal sistema del codice civile come estremo, ma efficace, strumento di tutela del socio avverso cambiamenti sostanziali dell’operazione cui partecipa, la cui disciplina tuttavia è conformata in modo da contemperare tale tutela con il favore verso la realizzazione e la stabilità dell’aggregazione societaria e delle sue risorse. Ciò anche al fine di evitare il depauperamento del patrimonio sociale e, conseguentemente, della garanzia che questo realizza per i creditori sociali.
Con specifico riferimento al rapporto tra la durata della società per azioni, la sua modifica ed il diritto di recesso, va osservato che l’elemento temporale rileva normativamente in due ipotesi. La prima riguarda – NON già la RIDUZIONE, ma – la proroga della durata della società, per la quale è prevista una autonoma causa di recesso, derogabile statutariamente (comma 2). La seconda concerne il caso delle società costituite a tempo indeterminato non quotate su mercati regolamentari, situazione in relazione alla quale, a prescindere dall’adozione di una qualsivoglia deliberazione, è riconosciuto il diritto di recesso ad nutum (comma 3), direttamente connesso alla durata indeterminata statutariamente prevista per la società e non alla modifica della stessa; sul piano della modifica della durata rileva, invero, solo la proroga (comma 2), mentre l’opposta ipotesi della riduzione della durata non è fonte di alcun autonomo diritto di recesso per il socio, né può dedursi dalla facoltà prevista dal comma 3.
Nel caso di specie l’applicabilità dell’art. 2437 c.c. è stata, dunque, esclusa perché la fattispecie in esame non rientrava in nessuna delle due ipotesi summenzionate.
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21 Febbraio 2022
I compensi degli avvocati: come cambiano i parametri per la loro determinazione?
Gli attuali parametri forensi, in vigore da ormai otto anni, non sono più adeguati all’aumento medio del costo della vita. Con questa premessa il Consiglio Nazionale Forense, con Delibera del 9.2.2022, n. 535 ha approvato in via definitiva la proposta di modifica al D.M. 55 del 2014, in un testo che dovrà essere inviato al Ministero della Giustizia, insieme alle osservazioni raccolte all’esito della consultazione dei Consigli dell’ordine e delle associazioni forensi più rappresentative.
L’art. 1 del nuovo testo proposto dal CNF, prevede l’incremento dei valori parametrici in rapporto all’aumento medio del costo della vita, mentre l’art. 2 fa riferimento all’adozione di un’unica percentuale per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori base dei parametri, individuando la percentuale del 50%.
Con l’occasione, il CNF è anche intervenuto su una serie di questioni aperte, a partire dalla mancanza di una soglia economica di riferimento nel caso in cui l’avvocato ed il cliente pattuiscano una tariffa a tempo. Si tratta di una pratica da tempo utilizzata nel mondo anglosassone e ormai diffusa anche in Italia soprattutto nei rapporti tra gli avvocati e le imprese. A questo proposito, il CNF ha proposto di introdurre un nuovo articolo art. 27 bis, fissando la tariffa da un minimo di 200 euro e un massimo di 500 per ora o frazione di ora.
Tra le altre questioni, la proposta di una tabella ad hoc per le procedure concorsuali e del 30% per l’opera svolta per mediazione e negoziazione assistita, ambiti che stanno assumendo sempre maggiore rilievo nell’attività forense.
Per un approfondimento si rinvia all’estratto della delibera del CNF n. 54-A, relativo alla seduta amministrativa del 9 febbraio 2022.
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14 Febbraio 2022
Responsabilità del datore di lavoro per infortunio con macchinario in comodato
Il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare la sicurezza e l’adeguatezza funzionale dei macchinari ricevuti in comodato, rispondendo dell’infortunio occorso ad un dipendente durante il loro utilizzo, se dipeso dalla mancanza dei requisiti richiesti.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione Penale con l’ordinanza 9.12.2021 n. 45382: nello specifico, il Supremo Collegio ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato dal datore di lavoro ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p., per l’infortunio accaduto ad un proprio dipendente durante l’utilizzo di un pantografo in comodato d’uso, risultato privo delle protezioni infortunistiche richieste dalle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro.
In proposito è bene peraltro ricordare come l’art. 23 del D. Lgs. n. 81/2008 vieti espressamente, fra l’altro, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro; la giurisprudenza, anche in tal caso, è del resto unanime nel ritenere che eventuali clausole di esonero dalla responsabilità contenute in un contratto di comodato non possano in alcun modo validamente escludere possibili conseguenze di rilievo penale in capo al concedente in uso in ipotesi di macchinari non a norma.
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4 Febbraio 2022
Debiti tributari: il legale rappresentante salvo solo se estraneo alla gestione
Con l’ordinanza n°2953 depositata il 1° febbraio, la Corte di Cassazione ha chiarito che il legale rappresentante di un’associazione risponde solidalmente dei debiti tributari della stessa a meno che dimostri di essere rimasto estraneo all’attività di gestione nel corso del periodo di imposta.
La Corte ha specificato, infatti, che i debiti tributari non sorgono su base negoziale ma per legge al verificarsi del relativo presupposto, con la conseguenza di coobbligare il legale rappresentante, il cui ruolo riguarda la complessiva gestione dell’Ente nel periodo di imposta, sia per le sanzioni, sia per i tributi non corrisposti.
L’Ufficio che richiede la solidarietà nel pagamento è, in ogni caso, tenuto a provare la qualità di rappresentante e/o di gestore dell’attività dell’associazione al soggetto che può, da parte sua, dimostrare la propria estraneità alla partecipazione e gestione dell’associazione.
Sempre la Corte ha inoltre chiarito che il legale rappresentante può, comunque, legittimamente impugnare, unitamente alla cartella, anche gli atti presupposti non notificatigli personalmente: tale principio fa da contrappeso al fatto che non esiste un obbligo per l’Ufficio di notificare l’atto anche all’obbligato solidale.
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24 Gennaio 2022
Breaking news dai nostri Austrian e French desk
Il parlamento austriaco ha approvato l’introduzione del vaccino obbligatorio contro il covid-19.
L’obbligo si applicherà a tutti i residenti in Austria con età pari o superiore a 18 anni. Sono previste esenzioni per le persone in gravidanza, che per motivi medici non possono essere vaccinate o che si sono riprese da un’infezione da coronavirus negli ultimi sei mesi. L’applicazione dell’obbligo è prevista dalla metà di marzo, nonostante entri in vigore dal 1° febbraio.
***
In Francia entra in vigore dal 24 gennaio, il “pass vaccinale”, equivalente al super green pass italiano, che prenderà il posto del “pass sanitario”, che poteva essere attivato anche senza vaccinazione ma con un tampone negativo. Quanto al calendario sulla revoca delle restrizioni, il 2 febbraio verrà eliminato l’obbligo di mascherine all’esterno, l’obbligo di smart working e cadranno i limiti di pubblico negli stadi e nelle sale di spettacolo.
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14 Gennaio 2022
Fidejussioni: cosa cambia dopo la sentenza della Cassazione
Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo sorto circa i contratti di fidejussione conclusi a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’antitrust. Il riferimento è a quei contratti di fidejussione che riproducono pedissequamente gli articoli n. 2, 6 e 8 dello schema ABI di fidejussione dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005. La soluzione adottata dalla sentenza n. 41994/2021 è stata quella della NULLITA’ PARZIALE ex art. 1419 c.c. dei contratti in questione, limitata alle SOLE CLAUSOLE riproducenti gli articoli dello schema ABI summenzionato, senza che sia automaticamente travolto l’intero contratto di fidejussione.
Per comprendere le implicazioni pratiche-attuative della sentenza, considerando anche la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione a maggior ragione a Sezione Unite, è bene ripercorrere le previsioni dello schema ABI in questione. Gli articoli 2 e 8, in sostanza, prevedono la permanenza dell’obbligazione fideiussoria a fronte delle vicende estintive e delle cause di invalidità che possono riguardare il pagamento del debitore o la stessa obbligazione principale garantita mentre l’art. 6 contiene la rinuncia del fidejussore al termine dell’art. 1957 c.c.
Per i fidejussori di contratti contenenti tali clausole si tratta di una pronuncia particolarmente significativa, volta a riportare un equilibrio tra le posizioni dei contraenti. Di fatto tali fidejussori hanno oggi un nuovo importante strumento di tutela che consentirà loro di giovarsi sia di vicende estintive e cause di invalidità dell’obbligazione principale sia dell’eventuale inerzia dell’istituto bancario nel promuovere o continuare tempestivamente le iniziative nei confronti del debitore principale.
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16 Dicembre 2021
Smart working: il Protocollo Nazionale punta sulla formazione
Il momento storico in cui ci troviamo a vivere è caratterizzato da grandi trasformazioni che stanno avendo significative ripercussioni anche sull’organizzazione del lavoro; in questo contesto è altresì emersa una crescente attenzione per i processi produttivi nonché sulle loro implicazioni sia a livello generale di sostenibilità ambientale sia a livello individuale di benessere personale e psicologico.
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14 Ottobre 2021
Il nuovo amministratore risponde per le omissioni del precedente
Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 16.4.2021, torna sul tema delicato dei doveri dell’amministratore subentrate rispetto all’operato dell’amministratore che l’ha preceduto e ribadisce che il primo è tenuto a ripristinare la piena regolarità nella gestione anche rispetto alle questioni fiscali. Da ciò discende un preciso dovere di verificare e, se necessario, rimediare alle omissioni del precedente amministratore nell’assolvimento degli obblighi tributari della società gestita, se del caso anche tramite istanza all’Agenzia delle Entrate e ad Equitalia di accertamento della posizione fiscale e debitoria.
È ammessa la prova liberatoria di non avere provveduto a rimediare alle omissioni per ragionevoli scelte gestorie alternative o di avervi provveduto almeno in parte.
In difetto, le due posizioni degli amministratori succedutisi nel tempo finiscono per convergere rispetto alla causazione del danno al patrimonio sociale e il neo-amministratore risponderà per un titolo autonomo ma “tendenzialmente solidale” con l’ex-amministratore direttamente responsabile dell’omissione. Solidarietà che di regola sarebbe per definizione esclusa in caso di amministratori in carica in periodi diversi.
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8 Ottobre 2021
Reati ambientali e responsabilità degli enti
La recente proposta di legge n. 3176 del 23.6.2021, attualmente in commissione giustizia della Camera, prevede un consistente ampliamento del catalogo dei reati ambientali presupposto (art. 25-undecies) cui consegue la responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. n. 231/2001) in relazione ai quali è consigliabile sin d’ora valutare se si possa ricadere in nuove aree di rischio.
Da una parte, la proposta di legge include i reati di incendio boschivo (art. 423 bis c.p.); morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452 ter c.p.); impedimento delle attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro (art. 452 septies c.p.); omessa bonifica (art. 452 terdecies c.p.); attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (art. 452 quaterdecies) – in relazione ai quali sono previste sanzioni interdittive – nonché gli ulteriori reati di combustione illecita di rifiuti (art. 256 cod. amb.) e di lottizzazione abusiva (artt. 30 e 44 DPR 380/2001).
Dall’altra, prevede nei casi di condanna e di applicazione della pena su richiesta delle parti, che il giudice ordini “il recupero e ove tecnicamente possibile il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l’esecuzione a carico dell’ente”.
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24 Settembre 2021
Responsabilità dell’amministratore della capogruppo
È configurabile una responsabilità diretta dell’amministratore della capogruppo per l’esercizio colposo dei poteri di direzione e coordinamento in relazione a fatti verificatisi in una controllata.
È quanto emerge dalle motivazioni della recente sentenza della Cass. Penale n. 32899/21, concernente il disastro di Viareggio del 20.06.2009.
Gli ermellini hanno evidenziato come il fenomeno del gruppo di imprese e della sua disciplina permetta di individuare in capo agli amministratori della holding un nucleo di poteri caratteristici e, in corrispondenza degli stessi, un nucleo di corrispondenti doveri; in ragione di essi anche all’amministratore della holding può far capo una sfera di competenza, esercitata attraverso i poteri di direzione e di coordinamento, rapportata ai rischi connessi alle attività svolte direttamente dalle società del gruppo.
In tal senso è stato quindi ritenuto che l’autonomia degli organi di gestione delle controllate non è di per sé incompatibile con la titolarità, in capo all’amministratore della capogruppo, di una competenza inerente eventuali aree di rischio connesse all’attività di impresa, dovendosi in ogni caso valutare, per l’attribuzione di eventuali responsabilità penali in materia di delitti colposi, il reale assetto dei poteri attribuiti alla holding.
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16 Settembre 2021
Buoni pasto in smart working
Anche se elargito ai dipendenti in smart working, il buono pasto non costituisce reddito soggetto a tassazione. Lo afferma l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 956-2631/2020.
Secondo l’art. 51 c.2 lett.c) del Tuir, le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto (erogate essenzialmente tramite buoni pasto, forniti dal datore di lavoro al lavoratore) non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, fino all’importo complessivo giornaliero di otto euro (solo fino a quattro euro, se buoni cartacei, ormai disincentivati dal legislatore). Il datore di lavoro, quindi, non deve operare la ritenuta di acconto Irpef sul valore dei buoni pasto, fino alla concorrenza di tali importi.
Con lo “smart working” ci si è chiesti come trattare fiscalmente le “somministrazioni sostitutive” e se quindi valesse ugualmente la citata disposizione di favore. Per l’Agenzia delle Entrate la risposta è positiva: tale regime trova infatti applicazione “indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. Il buono pasto si conferma strumento appetibile, anche in tempi di smart working.
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14 Settembre 2021
Produzione del vino dealcolizzato in UE
Nel contributo pubblicato su MAG di Legalcommunity.it del 13.9.2021, l’avv. Chiara Mantelli, socia di Lègister e sommelier, analizza i recenti sviluppi del processo che a livello UE sembra destinato a introdurre modifiche legislative che consentiranno la produzione di vino dealcolizzato, ricostruendone la ratio ed evidenziandone i possibili impatti a livello commerciale […]
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29 Luglio 2021
Rimborso spese in smart working
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 371 del 24 maggio 2021, ha fornito alcuni chiarimenti circa la rilevanza del rimborso spese inerente al costo della connessione internet con dispositivo mobile ovvero dell’abbonamento al servizio dati domestico, utilizzati dal personale per lo svolgimento della prestazione di lavoro da remoto, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente e sul relativo regime di deducibilità in relazione al reddito d’impresa.
In proposito l’Agenzia ha specificato che, in mancanza di elementi oggettivi e documentati, il rimborso riconosciuto per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet rileva fiscalmente nei confronti dei lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 51, comma 1 del TUIR, mentre per il datore di lavoro tale rimborso può considerarsi deducibile ai sensi dell’art. 95, comma 1 del TUIR nella misura in cui l’attivazione della connessione dati rappresenti un obbligo implicito connesso allo svolgimento dell’attività lavorativa da remoto.
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10 Giugno 2021
Sterilizzazione delle perdite per cinque anni
Anche le perdite, maturate dalle società di capitali, negli esercizi antecedenti il 2020 e risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31.12.2020 rientrano nell’ambito di applicazione della norma emergenziale sulla sterilizzazione delle perdite (art. 6 D.L 23/2020): questa è, in sintesi, la conclusione a cui è giunto il Consiglio Nazionale del Notariato nello studio 88-2021. Nello stesso senso si era espressa la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano con la massima 196, discostandosi dall’interpretazione offerta nella Circolare del M.I.S.E. del 29.1.2021. Secondo il mondo notarile, dunque, la sospensione delle misure di ricapitalizzazione si estende non solo alle perdite emerse nel corso del 2020 ma anche a quelle prodotte in esercizi precedenti. Una posizione, questa, che rassicurerà gli operatori che si sono interrogati circa l’effettiva portata della norma in questione. Si precisa che le perdite che maturino nell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2020 non rientrano nell’alveo dell’art. 6 citato e, pertanto, rispetto ad esse, torna applicabile la normativa “ordinaria” in tema di perdite rilevanti.
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1 Aprile 2021
The role of a Director of a company can never be a pure formality
Even where the company belongs to a group and the director has only implemented decisions made by others sitting in the holding’s board.
This is the principle very recently established by the Italian Supreme Court (judgement n.5795 of 3.3.2021): a director would not escape liability if he has remained extraneous to the management of the company, allowing others to interfere in the mismanagement of the same. On the contrary, this behaviour realizes a culpable omission of the duties of diligently managing the relevant company for having allowed others to carry out business dealings in breach of the duty to preserve the integrity of the corporate assets.
Where a group is envisaged, a concurrent responsibility of the directors of the holding company would be triggered where they have in fact exercised the powers of the directors of the subsidiary, disregarding the autonomy of the latter and reducing its directors to mere executors of their orders.
In this scenario, the liability of the directors of the holding is added – without excluding it – to the liability of the directors of the subsidiary, if the latter have failed to fulfil their duties towards the subsidiary itself.
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