1 Ottobre 2024
Nell’ordinanza n. 16973 del 20 settembre 2024, la Corte di Cassazione ha affermato che il mediatore, come disciplinato dall’art. 1754 Cod. Civ., ha diritto alla provvigione quando la conclusione dell’affare è frutto della sua attività, anche se avviene tra soggetti diversi rispetto a quelli inizialmente messi in contatto. Questo perché, nonostante un cambiamento delle parti, persiste un legame tra chi ha conferito l’incarico e chi ha concluso l’affare.
Il caso e le decisioni di merito
Nel caso esaminato, una società aveva incaricato, tramite il proprio legale rappresentante, un’agenzia immobiliare di vendere l’immobile di cui era proprietaria e che costituiva sostanzialmente l’intero patrimonio sociale. La proposta d’acquisto presentata dal potenziale acquirente presentato dall’agenzia immobiliare era stata inizialmente rifiutata. Successivamente, tutti i soci della società avevano ceduto le proprie quote di partecipazione a un’altra società, collegata ad alcuni di loro, ad un prezzo uguale a quello offerto dal potenziale acquirente presentato dall’agenzia.
L’agenzia immobiliare ha quindi citato in giudizio la società venditrice, la società acquirente e i soci della prima collegati alla seconda, richiedendo la provvigione e, sostenendo che, nonostante il rifiuto iniziale, l’affare fosse stato concluso grazie alla sua intermediazione.
In primo grado, la richiesta dell’agenzia è stata respinta. In appello, invece, la domanda è stata accolta, con conseguente condanna del legale rappresentante della società venditrice al pagamento della provvigione. Quest’ultimo ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre ragioni, la violazione e falsa applicazione dell’ art 1755 c.c. sul presupposto che non fosse stato dimostrato il nesso causale tra l’opera del mediatore e la conclusione dell’affare, vista la differenza delle parti coinvolte rispetto alla fase iniziale.
L’ordinanza della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che il mediatore ha diritto alla provvigione una volta concluso l’affare, indipendentemente dal fatto che le parti siano le stesse inizialmente coinvolte. Non è rilevante, infatti, il cambiamento soggettivo delle parti purché vi sia un legame, anche non necessariamente di rappresentanza, tra la parte originaria che resta debitrice nei confronti del mediatore, e quella con cui l’affare è stato successivamente concluso.
A sostegno di tale approdo, la Suprema Corte ha sottolineato che l’art. 1755 c.c. condiziona il diritto alla provvigione alla conclusione all’“affare” e non del “contratto”. Ciò significa che il mediatore ha diritto al compenso anche se il contratto effettivamente concluso differisce da quello prospettato inizialmente, purché venga raggiunto lo scopo economico per il quale era stato conferito l’incarico, come nel caso in esame in cui l’incarico era stato conferito per la vendita di un immobile ma il contratto concluso era stato quello di cessione di tutte le partecipazioni sociali della società proprietaria dell’immobile stesso.
La Corte ha ribadito che nella nozione di “affare” rientra qualsiasi operazione economica che generi un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se realizzata attraverso una serie di atti o con il coinvolgimento di più soggetti, purché volti nel complesso a realizzare un unico interesse economico.
Ogni volta che un affare, come sopra inteso, è stato concluso grazie all’intervento del mediatore, quest’ultimo ha diritto alla provvigione.
Gli elementi fondamentali
La Suprema Corte individua tre punti essenziali:
- Raggiungimento dello scopo economico: il mediatore ha diritto alla provvigione anche se il contratto finale non coincide perfettamente con quello originariamente prospettato, poiché l’art. 1755 c.c. fa riferimento alla nozione di affare e non di contratto;
- Nesso causale: deve esistere un legame diretto tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare;
- Continuità tra i soggetti: il diritto alla provvigione sussiste anche quando l’affare viene concluso tra parti diverse da quelle inizialmente coinvolte, a condizione che vi sia una connessione tra il soggetto che ha conferito l’incarico e quello che ha concluso l’affare.
La Suprema Corte ha infine enunciato il seguente principio di diritto: “Il mediatore ha diritto alla provvigione quando le parti concludono l’affare, indipendentemente dalla veste giuridica da esse prescelta, purché venga raggiunto lo scopo economico per cui era stato conferito l’incarico.”
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