21 Aprile 2022
Conflitto d’interesse dell’amministratore e annullabilità del contratto dallo stesso concluso
Nella recente sentenza del 5 gennaio 2022, la Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di conflitto di interesse dell’amministratore la disciplina applicabile non va ricercata solo nell’art. 2391 c.c. ma, a seconda dei casi, può rilevare anche il disposto dell’art. 1394 c.c., con conseguente possibilità per la società di ottenere l’annullamento del contratto concluso dal suo amministratore in conflitto di interesse se tale conflitto era conosciuto o conoscibile al terzo contraente.
In particolare, è stato precisato che “nell’ipotesi prefigurata dall’art. 2391 c.c. il conflitto emerge in sede deliberativa e, quindi, in un momento anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo, e tocca, pertanto, l’esercizio (non già del potere rappresentativo, che si puntualizza nella spendita del nome della società verso i terzi) ma del potere di gestione, il cui esercizio, data la struttura dell’organo amministrativo, si estrinseca in deliberazioni collegiali”. Qualora, invece, il compimento di un atto posto in essere dal singolo amministratore non sia preceduto da una delibera consigliare, non sussistendo i presupposti per applicare l’art. 2391 c.c., la rilevanza del conflitto d’interesse dell’amministratore sulla validità del negozio deve essere disciplinata dai principi generali dettati dall’art. 1394 c.c.. Ciò può accedere nei casi in cui, pur essendovi il consiglio di amministrazione, l’operazione da compiere sia devoluta alla specifica competenza di uno soltanto dei suoi componenti (l’amministratore delegato) che abbia il potere di agire a firma singola ovvero quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto che rientri, invece, nella competenza di tale organo
E’ stato, infine, sottolineato che “il conflitto d’interessi idoneo, ai sensi dell’art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro”.
5 Aprile 2022
E’ valido il contratto bancario di investimento anche quando denominato dalle parti “Assicurazione sulla vita”
Un contratto bancario chiamato dal punto di vista formale “assicurazione sulla vita” può avere una finalità d’investimento se le parti hanno raggiunto l’accordo sulla sostanza del negozio: lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 9446/22.
Nel caso di specie, un soggetto aveva stipulato con una società bancaria un contratto qualificato come “assicurazione sulla vita”, il quale stabiliva che il premio versato fosse investito in fondi speculativi, senza prevedere un rendimento minimo, né la garanzia di restituzione di almeno il capitale investito. I due fondi, ai quali era stato indirizzato il premio, erano nel tempo divenuti illiquidi. Quando l’attore ha esercitato il diritto di riscatto, ha ricevuto una somma notevolmente inferiore rispetto a quanto investito. Per tale motivo ha chiesto che fosse dichiarato nullo il contratto per violazione delle norme che disciplinano gli obblighi informativi precontrattuali e quelli di diligenza gravanti sugli intermediari. Nei precedenti gradi di merito la richiesta è stata respinta. Per tale motivo, l’attore ha presentato ricorso in Cassazione denunciando che, pur avendo stipulato un contratto formalmente chiamato di “assicurazione”, si trattava di un contratto di investimento che, di conseguenza, fosse nullo.
La Cassazione ha rigettato l’appello, sancendo che il contratto di investimento è valido e lecito e non diventa nullo solo perché le parti lo abbiano qualificato “assicurazione sulla vita”, condizione che esso non contrasti con norme imperative o, se l’erronea qualificazione formale, non abbia tratto in inganno le parti. Una circostanza che in questo caso non è avvenuta in quanto l’attore era consapevole fin dall’inizio della tipologia di contratto che andava a firmare.
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18 Marzo 2022
L’infarto durante un viaggio di lavoro è infortunio sul lavoro
L’infarto occorso ad un lavoratore durante un viaggio di lavoro è configurabile quale infortunio sul lavoro, in quanto collegato all’attività lavorativa e va pertanto indennizzato: lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza 22 febbraio 2022, n. 5814.
Nel caso di specie, si discuteva della morte di un lavoratore intervenuta a seguito di infarto del miocardio, durante un viaggio di lavoro all’estero, che aveva determinato un forte stress per il de cuius, acuito da talune traversie, fra le quali la cancellazione di un volo, una lunga attesa in aeroporto ed un pernottamento di fortuna prima di affrontare un interminabile viaggio in treno che, nelle rivendicazioni degli eredi, avrebbero causato il malore fatale.
Nello specifico, la Corte d’Appello dell’Aquila aveva respinto la domanda degli eredi del lavoratore, ritenendo la morte di quest’ultimo non eziologicamente collegata alla prestazione lavorativa, bensì causata dall’esposizione ad un rischio generico, cui possono trovarsi sottoposti tutti coloro che viaggiano in aereo ed escludendo dunque il configurarsi di un infortunio in itinere. Gli eredi hanno quindi proposto ricorso avverso tale decisione avanti alla Suprema Corte di Cassazione, che ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di merito per un nuovo esame della fattispecie.
La Cassazione ha, infatti, ritenuto errata la decisione dei giudici di secondo grado, precisando che l’art. 2, c. 3, del D.P.R. n. 1124/1965, estende la tutela assicurativa a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro ed esclude qualsiasi rilevanza all’entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto; tale norma tutela, infatti, il rischio generico (quello del percorso) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni personali, una situazione diversa da quella tipica legata al c.d. “percorso normale”. La Suprema Corte ha dunque ribadito che l’infarto configura infortunio sul lavoro quanto eziologicamente collegato ad un fattore lavorativo, precisando inoltre che il ruolo causale dell’attività lavorativa non può essere escluso da una preesistente condizione patologica del lavoratore che, anzi, può rilevare in senso contrario, in quanto può rendere più gravose e rischiose attività solitamente non pericolose e giustificare il nesso tra l’attività lavorativa e l’infortunio.
A ciò si aggiunga che, secondo la normativa sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, nel caso di infarto del miocardio occorso durante un’attività lavorativa, anche lo stress psicologico e ambientale può integrare la causa violenta idonea a determinare la lesione mortale.
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8 Marzo 2022
Il recesso del socio nelle Spa e l’elemento temporale della durata della società
Nella recentissima sentenza n. 6280/2022 del 24.2.2022 la Corte di Cassazione si è occupata del tema del rilievo dell’elemento temporale della durata della società rispetto al diritto di recesso spettante ai soci di S.p.a. L’occasione è stata data dalla causa promossa da un socio di una S.p.a. che non aveva partecipato alla delibera dell’assemblea straordinaria con cui la durata della società era stata abbreviata dal 2100 al 2040 e per tale ragione aveva esercitato il diritto di recesso ex art. 2473 c.1 let. e) sostenendo che in tal modo fosse stata di fatto eliminata l’ipotesi di recesso prevista dal secondo comma di detta norma (i.e. proroga della durata della società).
In primo luogo, è stato chiarito che, trattandosi di S.p.A., le fattispecie per le quali è riconosciuto il diritto di recesso per il socio che non abbia concorso all’approvazione delle deliberazioni indicate nell’art. 2437 c.c. (o nei casi previsti statutariamente – ove consentito -), sono di STRETTA INTERPRETAZIONE. Ciò in ragione del fatto che il diritto di recesso è concepito dal sistema del codice civile come estremo, ma efficace, strumento di tutela del socio avverso cambiamenti sostanziali dell’operazione cui partecipa, la cui disciplina tuttavia è conformata in modo da contemperare tale tutela con il favore verso la realizzazione e la stabilità dell’aggregazione societaria e delle sue risorse. Ciò anche al fine di evitare il depauperamento del patrimonio sociale e, conseguentemente, della garanzia che questo realizza per i creditori sociali.
Con specifico riferimento al rapporto tra la durata della società per azioni, la sua modifica ed il diritto di recesso, va osservato che l’elemento temporale rileva normativamente in due ipotesi. La prima riguarda – NON già la RIDUZIONE, ma – la proroga della durata della società, per la quale è prevista una autonoma causa di recesso, derogabile statutariamente (comma 2). La seconda concerne il caso delle società costituite a tempo indeterminato non quotate su mercati regolamentari, situazione in relazione alla quale, a prescindere dall’adozione di una qualsivoglia deliberazione, è riconosciuto il diritto di recesso ad nutum (comma 3), direttamente connesso alla durata indeterminata statutariamente prevista per la società e non alla modifica della stessa; sul piano della modifica della durata rileva, invero, solo la proroga (comma 2), mentre l’opposta ipotesi della riduzione della durata non è fonte di alcun autonomo diritto di recesso per il socio, né può dedursi dalla facoltà prevista dal comma 3.
Nel caso di specie l’applicabilità dell’art. 2437 c.c. è stata, dunque, esclusa perché la fattispecie in esame non rientrava in nessuna delle due ipotesi summenzionate.
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21 Febbraio 2022
I compensi degli avvocati: come cambiano i parametri per la loro determinazione?
Gli attuali parametri forensi, in vigore da ormai otto anni, non sono più adeguati all’aumento medio del costo della vita. Con questa premessa il Consiglio Nazionale Forense, con Delibera del 9.2.2022, n. 535 ha approvato in via definitiva la proposta di modifica al D.M. 55 del 2014, in un testo che dovrà essere inviato al Ministero della Giustizia, insieme alle osservazioni raccolte all’esito della consultazione dei Consigli dell’ordine e delle associazioni forensi più rappresentative.
L’art. 1 del nuovo testo proposto dal CNF, prevede l’incremento dei valori parametrici in rapporto all’aumento medio del costo della vita, mentre l’art. 2 fa riferimento all’adozione di un’unica percentuale per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori base dei parametri, individuando la percentuale del 50%.
Con l’occasione, il CNF è anche intervenuto su una serie di questioni aperte, a partire dalla mancanza di una soglia economica di riferimento nel caso in cui l’avvocato ed il cliente pattuiscano una tariffa a tempo. Si tratta di una pratica da tempo utilizzata nel mondo anglosassone e ormai diffusa anche in Italia soprattutto nei rapporti tra gli avvocati e le imprese. A questo proposito, il CNF ha proposto di introdurre un nuovo articolo art. 27 bis, fissando la tariffa da un minimo di 200 euro e un massimo di 500 per ora o frazione di ora.
Tra le altre questioni, la proposta di una tabella ad hoc per le procedure concorsuali e del 30% per l’opera svolta per mediazione e negoziazione assistita, ambiti che stanno assumendo sempre maggiore rilievo nell’attività forense.
Per un approfondimento si rinvia all’estratto della delibera del CNF n. 54-A, relativo alla seduta amministrativa del 9 febbraio 2022.
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14 Febbraio 2022
Responsabilità del datore di lavoro per infortunio con macchinario in comodato
Il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare la sicurezza e l’adeguatezza funzionale dei macchinari ricevuti in comodato, rispondendo dell’infortunio occorso ad un dipendente durante il loro utilizzo, se dipeso dalla mancanza dei requisiti richiesti.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione Penale con l’ordinanza 9.12.2021 n. 45382: nello specifico, il Supremo Collegio ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato dal datore di lavoro ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p., per l’infortunio accaduto ad un proprio dipendente durante l’utilizzo di un pantografo in comodato d’uso, risultato privo delle protezioni infortunistiche richieste dalle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro.
In proposito è bene peraltro ricordare come l’art. 23 del D. Lgs. n. 81/2008 vieti espressamente, fra l’altro, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro; la giurisprudenza, anche in tal caso, è del resto unanime nel ritenere che eventuali clausole di esonero dalla responsabilità contenute in un contratto di comodato non possano in alcun modo validamente escludere possibili conseguenze di rilievo penale in capo al concedente in uso in ipotesi di macchinari non a norma.
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4 Febbraio 2022
Debiti tributari: il legale rappresentante salvo solo se estraneo alla gestione
Con l’ordinanza n°2953 depositata il 1° febbraio, la Corte di Cassazione ha chiarito che il legale rappresentante di un’associazione risponde solidalmente dei debiti tributari della stessa a meno che dimostri di essere rimasto estraneo all’attività di gestione nel corso del periodo di imposta.
La Corte ha specificato, infatti, che i debiti tributari non sorgono su base negoziale ma per legge al verificarsi del relativo presupposto, con la conseguenza di coobbligare il legale rappresentante, il cui ruolo riguarda la complessiva gestione dell’Ente nel periodo di imposta, sia per le sanzioni, sia per i tributi non corrisposti.
L’Ufficio che richiede la solidarietà nel pagamento è, in ogni caso, tenuto a provare la qualità di rappresentante e/o di gestore dell’attività dell’associazione al soggetto che può, da parte sua, dimostrare la propria estraneità alla partecipazione e gestione dell’associazione.
Sempre la Corte ha inoltre chiarito che il legale rappresentante può, comunque, legittimamente impugnare, unitamente alla cartella, anche gli atti presupposti non notificatigli personalmente: tale principio fa da contrappeso al fatto che non esiste un obbligo per l’Ufficio di notificare l’atto anche all’obbligato solidale.
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24 Gennaio 2022
Breaking news dai nostri Austrian e French desk
Il parlamento austriaco ha approvato l’introduzione del vaccino obbligatorio contro il covid-19.
L’obbligo si applicherà a tutti i residenti in Austria con età pari o superiore a 18 anni. Sono previste esenzioni per le persone in gravidanza, che per motivi medici non possono essere vaccinate o che si sono riprese da un’infezione da coronavirus negli ultimi sei mesi. L’applicazione dell’obbligo è prevista dalla metà di marzo, nonostante entri in vigore dal 1° febbraio.
***
In Francia entra in vigore dal 24 gennaio, il “pass vaccinale”, equivalente al super green pass italiano, che prenderà il posto del “pass sanitario”, che poteva essere attivato anche senza vaccinazione ma con un tampone negativo. Quanto al calendario sulla revoca delle restrizioni, il 2 febbraio verrà eliminato l’obbligo di mascherine all’esterno, l’obbligo di smart working e cadranno i limiti di pubblico negli stadi e nelle sale di spettacolo.
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14 Gennaio 2022
Fidejussioni: cosa cambia dopo la sentenza della Cassazione
Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo sorto circa i contratti di fidejussione conclusi a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’antitrust. Il riferimento è a quei contratti di fidejussione che riproducono pedissequamente gli articoli n. 2, 6 e 8 dello schema ABI di fidejussione dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005. La soluzione adottata dalla sentenza n. 41994/2021 è stata quella della NULLITA’ PARZIALE ex art. 1419 c.c. dei contratti in questione, limitata alle SOLE CLAUSOLE riproducenti gli articoli dello schema ABI summenzionato, senza che sia automaticamente travolto l’intero contratto di fidejussione.
Per comprendere le implicazioni pratiche-attuative della sentenza, considerando anche la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione a maggior ragione a Sezione Unite, è bene ripercorrere le previsioni dello schema ABI in questione. Gli articoli 2 e 8, in sostanza, prevedono la permanenza dell’obbligazione fideiussoria a fronte delle vicende estintive e delle cause di invalidità che possono riguardare il pagamento del debitore o la stessa obbligazione principale garantita mentre l’art. 6 contiene la rinuncia del fidejussore al termine dell’art. 1957 c.c.
Per i fidejussori di contratti contenenti tali clausole si tratta di una pronuncia particolarmente significativa, volta a riportare un equilibrio tra le posizioni dei contraenti. Di fatto tali fidejussori hanno oggi un nuovo importante strumento di tutela che consentirà loro di giovarsi sia di vicende estintive e cause di invalidità dell’obbligazione principale sia dell’eventuale inerzia dell’istituto bancario nel promuovere o continuare tempestivamente le iniziative nei confronti del debitore principale.
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16 Dicembre 2021
Smart working: il Protocollo Nazionale punta sulla formazione
Il momento storico in cui ci troviamo a vivere è caratterizzato da grandi trasformazioni che stanno avendo significative ripercussioni anche sull’organizzazione del lavoro; in questo contesto è altresì emersa una crescente attenzione per i processi produttivi nonché sulle loro implicazioni sia a livello generale di sostenibilità ambientale sia a livello individuale di benessere personale e psicologico.
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3 Dicembre 2021
Caso plusvalenze: cosa rischiano la Juve e i suoi manager?
L’avvocato Chiara Mantelli di Lègister Avvocati , esperta in Diritto societario e commerciale, analizza le possibili conseguenze per la società e i suoi vertici.
Versione integrale dell’articolo.
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8 Novembre 2021
Operazione Cross-Border nel settore automotive
Il Partner Avv. Laurent Scarna ha assistito un gruppo multinazionale, leader nel settore “automotive”, nell’ambito del perfezionamento di una riorganizzazione di gruppo che ha coinvolto la partecipazione societaria detenuta in una delle controllate italiane. L’operazione, con profili transnazionali, ha interessato società stabilite in tre Paesi diversi.
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28 Ottobre 2021
E-commerce: l’UE argina l’elusione dell’IVA da parte dei venditori in dropshipping sulle importazioni extra UE
Se attendete una spedizione proveniente dall’area extraeuropea, niente panico: la concreta attuazione di quanto previsto dalla normativa europea dovrebbe comportare al massimo qualche rallentamento alle dogane.
Con il D.Lgs. n. 83 del 25.05.2021, in vigore dallo scorso 1° luglio, sono stati, infatti, recepiti gli artt. 2 e 3 della direttiva UE 2017/2455, con l’obiettivo di semplificare gli obblighi relativi all’imposta sul valore aggiunto per le imprese impegnate nell’e-commerce transfrontaliero.
Fra le innovazioni, la soppressione dell’istituto del “VAT de minimis”, cioè l’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto e dalle dichiarazioni doganali per i beni importati da paesi extra Ue di valore inferiore a 22 euro.
In tal modo si è voluta contrastare la cattiva pratica con la quale beni di maggior valore venivano spediti con l’indicazione di un importo vile o con l’indicazione generica “gifts” o “sample parts”, approfittando, in tal modo, dell’esenzione dall’imposta.
La riforma riguarda principalmente i c.d. “venditori in dropshipping”, solitamente marketplace di grosse dimensioni, che, senza magazzino, si occupano di acquisire la vendita per lasciare la gestione della consegna ai propri fornitori.
Inoltre, per garantire l’efficacia della riforma, ai marketplace è stato attribuito il ruolo di sostituto d’imposta: sono quindi tenuti a comunicare alle autorità fiscali il volume delle vendite effettuate attraversato le proprie piattaforme, seppure concluse da fornitori terzi, e a pagare l’Iva corrispondente per conto di questi ultimi.
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14 Ottobre 2021
Il nuovo amministratore risponde per le omissioni del precedente
Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 16.4.2021, torna sul tema delicato dei doveri dell’amministratore subentrate rispetto all’operato dell’amministratore che l’ha preceduto e ribadisce che il primo è tenuto a ripristinare la piena regolarità nella gestione anche rispetto alle questioni fiscali. Da ciò discende un preciso dovere di verificare e, se necessario, rimediare alle omissioni del precedente amministratore nell’assolvimento degli obblighi tributari della società gestita, se del caso anche tramite istanza all’Agenzia delle Entrate e ad Equitalia di accertamento della posizione fiscale e debitoria.
È ammessa la prova liberatoria di non avere provveduto a rimediare alle omissioni per ragionevoli scelte gestorie alternative o di avervi provveduto almeno in parte.
In difetto, le due posizioni degli amministratori succedutisi nel tempo finiscono per convergere rispetto alla causazione del danno al patrimonio sociale e il neo-amministratore risponderà per un titolo autonomo ma “tendenzialmente solidale” con l’ex-amministratore direttamente responsabile dell’omissione. Solidarietà che di regola sarebbe per definizione esclusa in caso di amministratori in carica in periodi diversi.
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8 Ottobre 2021
Reati ambientali e responsabilità degli enti
La recente proposta di legge n. 3176 del 23.6.2021, attualmente in commissione giustizia della Camera, prevede un consistente ampliamento del catalogo dei reati ambientali presupposto (art. 25-undecies) cui consegue la responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. n. 231/2001) in relazione ai quali è consigliabile sin d’ora valutare se si possa ricadere in nuove aree di rischio.
Da una parte, la proposta di legge include i reati di incendio boschivo (art. 423 bis c.p.); morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452 ter c.p.); impedimento delle attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro (art. 452 septies c.p.); omessa bonifica (art. 452 terdecies c.p.); attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (art. 452 quaterdecies) – in relazione ai quali sono previste sanzioni interdittive – nonché gli ulteriori reati di combustione illecita di rifiuti (art. 256 cod. amb.) e di lottizzazione abusiva (artt. 30 e 44 DPR 380/2001).
Dall’altra, prevede nei casi di condanna e di applicazione della pena su richiesta delle parti, che il giudice ordini “il recupero e ove tecnicamente possibile il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l’esecuzione a carico dell’ente”.
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24 Settembre 2021
Responsabilità dell’amministratore della capogruppo
È configurabile una responsabilità diretta dell’amministratore della capogruppo per l’esercizio colposo dei poteri di direzione e coordinamento in relazione a fatti verificatisi in una controllata.
È quanto emerge dalle motivazioni della recente sentenza della Cass. Penale n. 32899/21, concernente il disastro di Viareggio del 20.06.2009.
Gli ermellini hanno evidenziato come il fenomeno del gruppo di imprese e della sua disciplina permetta di individuare in capo agli amministratori della holding un nucleo di poteri caratteristici e, in corrispondenza degli stessi, un nucleo di corrispondenti doveri; in ragione di essi anche all’amministratore della holding può far capo una sfera di competenza, esercitata attraverso i poteri di direzione e di coordinamento, rapportata ai rischi connessi alle attività svolte direttamente dalle società del gruppo.
In tal senso è stato quindi ritenuto che l’autonomia degli organi di gestione delle controllate non è di per sé incompatibile con la titolarità, in capo all’amministratore della capogruppo, di una competenza inerente eventuali aree di rischio connesse all’attività di impresa, dovendosi in ogni caso valutare, per l’attribuzione di eventuali responsabilità penali in materia di delitti colposi, il reale assetto dei poteri attribuiti alla holding.
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16 Settembre 2021
Buoni pasto in smart working
Anche se elargito ai dipendenti in smart working, il buono pasto non costituisce reddito soggetto a tassazione. Lo afferma l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 956-2631/2020.
Secondo l’art. 51 c.2 lett.c) del Tuir, le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto (erogate essenzialmente tramite buoni pasto, forniti dal datore di lavoro al lavoratore) non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, fino all’importo complessivo giornaliero di otto euro (solo fino a quattro euro, se buoni cartacei, ormai disincentivati dal legislatore). Il datore di lavoro, quindi, non deve operare la ritenuta di acconto Irpef sul valore dei buoni pasto, fino alla concorrenza di tali importi.
Con lo “smart working” ci si è chiesti come trattare fiscalmente le “somministrazioni sostitutive” e se quindi valesse ugualmente la citata disposizione di favore. Per l’Agenzia delle Entrate la risposta è positiva: tale regime trova infatti applicazione “indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. Il buono pasto si conferma strumento appetibile, anche in tempi di smart working.
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14 Settembre 2021
Produzione del vino dealcolizzato in UE
Nel contributo pubblicato su MAG di Legalcommunity.it del 13.9.2021, l’avv. Chiara Mantelli, socia di Lègister e sommelier, analizza i recenti sviluppi del processo che a livello UE sembra destinato a introdurre modifiche legislative che consentiranno la produzione di vino dealcolizzato, ricostruendone la ratio ed evidenziandone i possibili impatti a livello commerciale […]
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29 Luglio 2021
Rimborso spese in smart working
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 371 del 24 maggio 2021, ha fornito alcuni chiarimenti circa la rilevanza del rimborso spese inerente al costo della connessione internet con dispositivo mobile ovvero dell’abbonamento al servizio dati domestico, utilizzati dal personale per lo svolgimento della prestazione di lavoro da remoto, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente e sul relativo regime di deducibilità in relazione al reddito d’impresa.
In proposito l’Agenzia ha specificato che, in mancanza di elementi oggettivi e documentati, il rimborso riconosciuto per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet rileva fiscalmente nei confronti dei lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 51, comma 1 del TUIR, mentre per il datore di lavoro tale rimborso può considerarsi deducibile ai sensi dell’art. 95, comma 1 del TUIR nella misura in cui l’attivazione della connessione dati rappresenti un obbligo implicito connesso allo svolgimento dell’attività lavorativa da remoto.
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22 Luglio 2021
Nuove norme UE sulla distribuzione
LA CRESCITA DELL’E-COMMERCE E DELLE PIATTAFORME ON-LINE RIMODELLA LE NORME UE SULLA DISTRIBUZIONE
La Commissione Europea ha presentato la bozza di modifica delle linee giuda sulle intese verticali tra imprese (tipicamente accordi di distribuzione) e il regolamento sulla “Block Exemption”, lanciando il 9.7 una consultazione pubblica che si concluderà il 17.9.
Muovendo dalla constatazione che le evoluzioni del mercato hanno trasformato il modo in cui operano gli enti commerciali, anche per effetto della crescita dell’e-commerce e delle piattaforme on-line, la Commissione Europea intende così offrire una normativa al passo con i tempi, armonizzata nei Paesi UE, più dettagliata con particolare riferimento alle restrizioni alle vendite e pubblicità on-line ed alle piattaforme ma al tempo stesso più semplificata e chiara al fine di ridurre i costi di implementazione per le piccole e medie imprese.
THE GROWTH OF E-COMMERCE AND ONLINE PLATFORMS RESHAPES THE EU RULES ON DISTRIBUTION
The European Commission published the draft with proposed changes to the Guidelines for Vertical Agreements between enterprises (typically distribution agreement) and to the Vertical Block Exemption Regulation, opening on 7.9 a public consultation which will end on 9.17. Having in mind that market developments have transformed the way businesses operate, as a result also of the growth of e-commerce and online platforms, the European Commission intends thereby to offer a set of rules up-to-date, harmonized in the EU Countries, more detailed with reference to online sales and advertising restrictions as well as platform economy but at the same time more simple and clear to reduce implementation costs for small and medium-size companies.
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