6 Ottobre 2023
La proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento è soggetta, innanzitutto, al vaglio di ammissibilità da parte del Tribunale e, quindi, al voto dei creditori e alla successiva omologazione della competente autorità giudiziaria.
Il decreto di omologazione è impugnabile dai creditori mediante reclamo, al fine di contestare la carenza dei presupposti di ammissibilità dell’accordo stesso.
Una recente decisione della Corte di Cassazione ha chiarito che l’accoglimento del reclamo non esclude la possibilità per il debitore di proporre ricorso in Cassazione contro tale provvedimento. Si potrà, quindi, sottoporre alla Suprema corte la verifica della sussistenza dei presupposti per l’ammissibilità dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento.
La recente decisione della Cassazione
Con l’ordinanza n. 22797 del 27/7/2023, la Corte di Cassazione si è, infatti, pronunziata in merito ad un ricorso avverso il provvedimento con il quale il Tribunale aveva accolto il reclamo proposto da un creditore ipotecario nei confronti del decreto di omologazione dell’accordo per carenza dei presupposti di ammissibilità ex art. 7 L. n. 3 del 2012, stante la mancanza di adeguate garanzie di adempimento e a fronte della proposta di dilazione trentennale del pagamento, dichiarando inammissibile l’accordo.
I presupposti per l’ammissione della proposta di accordo
L’art. 7 della Legge n. 3 del 2012 prevede, infatti, che il debitore in stato di sovraindebitamento possa proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che rispetti i seguenti presupposti (il cui vaglio è rimesso al Tribunale del luogo di residenza del debitore):
- preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche suddivisi in classi;
- indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti;
- indichi le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni;
- per i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possa prevedere che non siano soddisfatti integralmente, sempre che ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.
L’ammissibilità del ricorso
Nell’ordinanza di fine luglio 2023, la Suprema Corte ha, innanzitutto, affrontato il profilo processuale della lamentata inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente, per asserita non impugnabilità in Cassazione ex art. 111 comma 7 Cost. del provvedimento di accoglimento del reclamo proposto contro l’omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento.
La Cassazione ha rigettato il suddetto motivo di ricorso affermando che “E’ ammissibile il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento del Tribunale, in composizione collegiale, di accoglimento del reclamo proposto contro il provvedimento di omologazione, da parte del giudice monocratico, di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento proposto ai sensi della L. n. 3 del 2012, artt. 10 e ss. (e succ. mod.), trattandosi di provvedimento avente carattere decisorio e definitivo, tenuto conto della natura contenziosa del procedimento e della sua idoneità ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile la dedotta situazione di sovraindebitamento”.
Il rigetto nel merito
Per converso, la Corte di legittimità, nel merito della decisione, ha rigettato il ricorso del debitore, confermando l’inammissibilità dell’accordo che prevedeva la falcidia dei crediti e la dilazione di pagamento trentennale, anche del creditore privilegiato. In particolare, la Cassazione ha riconosciuto che il creditore ipotecario era stato illegittimamente escluso dal voto e dal computo ai fini del raggiungimento della maggioranza con riguardo alla parte di credito oggetto di dilazione di pagamento, da considerarsi, invece, come ipotesi di “soddisfazione non integrale” e, quindi, suscettibile di ammissione al voto.
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