27 Gennaio 2023
La recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 37724 del 23/12/2022 fornisce l’occasione per affrontare il dibattuto tema del rilievo che il comportamento colposo del danneggiato può assumere nell’ambito della disciplina di cui all’art. 2051 c.c., argomento oggetto di innumerevoli pronunce della Suprema Corte, in aperto o larvato disaccordo tra loro.
Il caso
La precitata ordinanza ha ad oggetto una domanda di risarcimento dei danni avanzata nei confronti di un ente territoriale, gestore del teatro locale, dove all’esito di uno spettacolo il ricorrente cadeva dalle ripide scale della galleria, i cui primi gradini avevano un calpestio molto stretto, non vi era corrimano e nemmeno strisce antiscivolo.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato le domande del danneggiato, affermando che il sinistro fosse da ricondurre a responsabilità esclusiva dell’attore che non aveva adottato una condotta prudente e consona allo stato dei luoghi. A sostegno della decisione viene richiamato l’orientamento di legittimità per cui la condotta colposa del danneggiato può interrompere il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
I diversi orientamenti della giurisprudenza
Si tratta di una pronuncia che sembra non prendere in considerazione una tesi condivisa da numerose decisioni della Suprema Corte, secondo la quale, per elidere il nesso causale fra la cosa e il danno, non sia sufficiente l’accertamento di una condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una cesura rispetto alla serie causale riconducibile alla cosa (degradandola al rango di mera occasione dell’evento di danno) (in tal senso da ultimo Cass. civ. sez. III – 19/12/2022 n. 37059).
Secondo l’orientamento in commento, dunque, l’esclusione della responsabilità del custode – quando viene eccepita la colpa della vittima – esige un duplice accertamento: (a) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; (b) che quella condotta non fosse prevedibile e prevenibile dal custode.
La condotta della vittima d’un danno da cosa in custodia può integrare il caso fortuito e dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. Stabilire se un determinato comportamento del danneggiato fosse prevedibile o imprevedibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito: ma il giudice di merito non può astenersi dal compierlo, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima.
Il rilievo della condotta colposa della vittima ex art. 1227 c.c.
Peraltro, anche la prevedibilità e prevenibilità del sinistro non esclude che la condotta colposa della vittima – ancorché non integrante il fortuito – non possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma questo non può avvenire all’interno del paradigma dell’art. 2051 c.c., bensì ai sensi dell’art. 1227 c.c. (operante, ex art. 2056 c.c., anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato. Elemento valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227 c.c., comma 1), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex art. 1227 c.c., comma 2), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un’espressa eccezione della controparte (ex multis Cassazione Civile, Sez. III, 20/11/2020, n. 26524).
Seguici su LinkedIn