9 Aprile 2025
Tribunale di Piacenza: in caso di concessione abusiva di credito, il finanziamento è nullo per contrarietà a norme imperative penali e le somme erogate non sono da restituire.
Con decreto dell’8 gennaio 2025, il Tribunale di Piacenza ha rigettato il ricorso in opposizione allo stato passivo ex art. 98 Legge Fallimentare presentato da una società finanziatrice che era stata esclusa dall’ammissione al passivo del fallimento della propria debitrice
L’opposizione aveva ad oggetto la pronuncia di esclusione di un credito derivante da un contratto di finanziamentoassistito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Il Giudice Delegato aveva rigettato la richiesta di ammissione allo stato passivo fallimentare, in considerazione della nullità del contratto di finanziamento, in quanto concesso in violazione della prudente valutazione del merito creditizio e in circostanze che avrebbero dovuto far emergere la situazione di crisi della società beneficiaria. Le somme, di conseguenza, sono state ritenute irripetibili ex art. 2035 c.c.
Le motivazioni del Tribunale di Piacenza
Il Tribunale ha confermato la decisione del Giudice Delegato, evidenziando come la società finanziatrice avesse erogato il prestito senza effettuare una verifica adeguata della situazione economico-patrimoniale della società richiedente. In particolare, il Tribunale ha rilevato:
- Segnali evidenti di crisi aziendale: la società finanziatrice non aveva considerato la delibera di riduzione del capitale per perdite e i dati di bilancio ufficiali, che evidenziavano gravi criticità finanziarie già prima della concessione del credito.
- Affidamento a dati inattendibili: il finanziamento era stato concesso sulla base di un bilancino provvisorio con valori discordanti rispetto ai bilanci ufficiali e privi di attendibilità.
- Mancanza di un’adeguata istruttoria: la finanziatrice aveva omesso ogni analisi approfondita sul merito creditizio della società, erogando il finanziamento nonostante i chiari segnali di crisi e le evidenti incongruenze contabili.
- Assenza di un piano di risanamento: la società finanziata non aveva predisposto alcun piano strategico credibile per superare la crisi. Il prestito era stato utilizzato principalmente per pagare creditori chirografari, senza rispettare l’ordine delle legittime cause di prelazione, e senza destinare somme al pagamento di imposte o contributi scaduti.
- Effetti dannosi della concessione del credito: l’operazione ha consentito alla società già in crisi di procrastinare la dichiarazione di fallimento e accumulare ulteriori debiti, aggravando il dissesto complessivo.
Nullità del contratto di finanziamento e irripetibilità delle somme
Il Tribunale di Piacenza ha ritenuto che il finanziamento fosse sussumibile nella fattispecie di reato che sanziona l’aggravamento del dissesto con operazioni gravemente colpose (art. 323 CCII) affermando che la banca, in quanto operatore qualificato, avrebbe dovuto rilevare la situazione di crisi della società finanziata. Quanto precede, sul piano civilistico si traduce nella nullità del contratto di finanziamento per contrarietà a norma imperativa (art. 1418 c.c.), rappresentata dalla suddetta fattispecie di reato.
Il Tribunale ha evidenziato che, per dichiarare la nullità di un contratto per contrarietà a norme penali, è necessario accertare in concreto che la condotta della banca integri la fattispecie delittuosa prevista dalla normativa. Nel caso di specie, la concessione del credito ha costituito un’operazione gravemente imprudente e priva di logica imprenditoriale, utilizzata unicamente per ritardare l’inevitabile esito liquidatorio della società finanziata.
Di conseguenza, il Tribunale ha escluso la ripetizione delle somme erogate, applicando il principio della “soluti retentio”di cui all’art. 2035 c.c., che stabilisce che non possono essere ripetute le prestazioni contrarie al buon costume. Il giudice ha ribadito che le prestazioni contrarie al buon costume non sono soltanto quelle che contrastano con le regole della morale sessuale o della decenza, ma sono anche quelle che non rispondono ai principi e alle esigenze etiche costituenti la morale sociale in un determinato ambiente e in un certo momento storico, dovendosi pertanto ritenere contraria al buon costume anche l’erogazione di finanziamenti a imprese già in stato di dissesto, quando ciò consente agli imprenditori di ritardare la dichiarazione di fallimento e di incrementare l’esposizione debitoria dell’impresa, in violazione delle regole di correttezza del mercato.
L’irripetibilità delle somme è stata ritenuta ancor più evidente considerando che il finanziamento era assistito dalla garanzia pubblica del Fondo di Garanzia per le PMI (MCC), istituito per sostenere le imprese in difficoltà a causa della crisi pandemica, ma solo a condizione che vi fossero reali prospettive di risanamento. L’erogazione di un prestito garantito in assenza di queste prospettive è stata dunque considerata non solo contraria agli interessi pubblici, ma anche idonea a compromettere il corretto utilizzo delle risorse pubbliche destinate alla continuità aziendale.
Prudenza e responsabilità degli operatori finanziari
Con questa decisione, il Tribunale di Piacenza ha ribadito l’assoluta rilevanza della prudenza nell’erogazione del credito e della responsabilità degli operatori finanziari nella valutazione del merito creditizio. Il decreto costituisce un importante precedente in materia di concessione abusiva di credito, confermando che:
- La mera verifica cartolare e l’assenza di una reale istruttoria sul merito creditizio non sono sufficienti a esonerare la banca da responsabilità.
- L’erogazione di un finanziamento privo di una logica imprenditoriale e destinato unicamente a ritardare il fallimento di un’impresa può comportare la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative.
- Le somme erogate a un’impresa già in stato di dissesto possono essere dichiarate irripetibili quando il finanziamento si configura come un’operazione gravemente colposa, priva di prospettive di risanamento.
- I finanziamenti garantiti da fondi pubblici devono essere erogati con la massima attenzione e solo a imprese che abbiano reali possibilità di recupero, per evitare abusi e danni agli interessi pubblici.
La decisione del Tribunale di Piacenza rappresenta un ulteriore passo avanti nell’applicazione del principio di responsabilità degli operatori finanziari nella concessione del credito. Il decreto si inserisce in un orientamento giurisprudenziale più ampio che mira a garantire la corretta allocazione delle risorse finanziarie e a contrastare pratiche di finanziamento irresponsabili, con l’obiettivo di tutelare il mercato e il sistema economico nel suo complesso.
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