9 Agosto 2023
Nella recente sentenza dell’8 maggio 2023 il Tribunale di Milano è tornato ad occuparsi della validità ed efficacia di un’opzione put a prezzo preconcordato relativa a quote di una s.r.l. alla luce del divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c.
Divieto di patto leonino: applicabilità estesa alle società di capitali
Ricordato che tale divieto assume rilevanza anche nel settore delle società di capitali ed anche in relazione a patti parasociali essendo connaturato al rapporto sociale per il quale “la legge ha imposto non solo la costituzione di un patrimonio sociale ma anche la formazione ad opera di tutti i soci, in modo che tutti i membri della compagine siano partecipi del rischio di impresa al fine di garantire, nell’interesse generale, un esercizio avveduto e corretto dei relativi poteri”, i Giudici sottolineano che “una diversa regolamentazione, tale da escludere del tutto un socio dagli utili o dalle perdite, finirebbe per contrastare con il generale interesse alla corretta amministrazione delle società, inducendo il socio a disinteressarsi della proficua gestione (anche intesa con riguardo all’esercizio dei suoi diritti amministrativi) e non prodigarsi per l’impresa, quando non, addirittura, a compiere attività avventate o non corrette”.
È stato ribadito che per superare positivamente il vaglio di meritevolezza dei contratti atipici ex art. 1322 c.c. e non ricadere nel divieto ex art. 2265 c.c. in un’opzione put a prezzo preconcordato l’esclusione dalle perdite non deve essere i) strutturalmente assoluta e costante, né ii) tale da integrare la funzione essenziale, o causa concreta, con riguardo al complessivo regolamento negoziale.
Cosa si intende per “perdita” nel caso di società di capitali
Particolarmente interessante è il passaggio della motivazione della Sentenza sul concetto di “perdita” ai fini del divieto di patto leonino nell’ambito di società di capitali che viene:
– ricondotta alle SOLE PERDITE DI ESERCIZIO CAPACI DI INTACCARE IL CAPITALE SOCIALE PER OLTRE UN TERZO, o addirittura di farlo scendere sotto il minimo legale, ritenendosi invece IRRILEVANTI LE PERDITE CHE NON INTACCANO IL CAPITALE SOCIALE E QUELLE CHE LO INTACCANO PER MENO DI UN TERZO;
– distinta dal VALORE DELLA PARTECIPAZIONE, che rappresenta l’aspetto economico della partecipazione e deriva dalla rappresentazione contabile della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della Società e pertanto è un elemento del tutto mediato e non diretto, frutto di metodi di valutazione patrimoniali, reddituali e misti;
– distinta dal PREZZO DELLA CESSIONE DELLA PARTECIPAZIONE, perché l’oggetto della compravendita della partecipazione è la partecipazione stessa, rispetto alla quale il patrimonio sociale è oggetto mediato di cui è invece titolare la società.
Alla luce di queste qualificazioni e distinguo, il Tribunale conclude che “si ha esclusione dalle perdite del socio di società di capitali quando, per statuto o per patto parasociale, il socio è in grado, mantenendo la stessa partecipazione, di scaricare il relativo costo su altri soci”.
Quando l’esclusione dalle perdite può dirsi continuativa ed assoluta
Così chiarito cosa si intenda per perdite ed esclusione dalle stesse, per stabilire se tale esclusione sia effettivamente continuativa ed assoluta (e quindi sanzionata con la nullità ex art. 2265 c.c.) rileva l’aspetto temporale: può logicamente sussistere solo se il patto sia stato adottato FIN DALLA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO SOCIALE di modo da garantire al socio “l’esenzione per tutta la sua durata dall’alea tipica dell’investimento nella società in modo tale da alterare stabilmente la ripartizione del rischio di impresa fra i soci”. Viceversa “La pattuizione dell’opzione di vendita successiva contenuta in un contratto di compravendita fra soci si risolve, invece, in una comune vicenda circolatoria della partecipazione esterna al contratto sociale e inidonea ad alterarne la causa”.
Il caso oggetto della pronuncia del Tribunale di Milano
Nel caso oggetto della pronuncia in esame, l’accordo per l’opzione put era stato stipulato due anni dopo l’ingresso del socio nella compagine sociale e prevedeva che l’esercizio di tale opzione potesse essere esercitato a decorrere da un preciso momento temporale e al ricorrere di alcuni specifici eventi. Pertanto, il Tribunale, rilevato che il socio per anni e fino all’esercizio dell’opzione ha esercitato i diritti derivanti dalla qualità di socio nonché è stato soggetto ai rischi delle perdite derivanti dalla partecipazione sociale, ha ritenuto che non ricorresse la situazione dell’esclusione assoluta e costante dalle perdite o dagli utili, necessaria per l’alterazione in concreto della causa societatis, concludendo per la validità del patto d’opzione put a prezzo preconcordato.
Seguici su LinkedIn