17 Febbraio 2023
La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 3653 del 7 febbraio 2023 ha chiarito che chiunque vi abbia interesse può agire in giudizio per far accertare, con forza di giudicato, l’insussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese.
Tale accertamento può essere finalizzato a proporre un’azione nella quale la società cancellata sia l’unica parte passivamente legittimata (come nel caso di impugnativa di compravendita immobiliare per nullità, simulazione, revoca di cui sia parte la società cancellata) ovvero litisconsorte necessaria del relativo giudizio (come nell’azione di simulazione o nell’azione di revoca della vendita dello stesso bene in favore di terzo).
Quanto precede è possibile anche se il giudice del registro delle imprese abbia già ritenuto, in sede camerale, la sussistenza dei requisiti per la cancellazione e non abbia, quindi, ordinato, a norma dell’art. 2191 c.c., la cancellazione d’ufficio dell’intervenuta cancellazione volontaria della società dal registro stesso.
Ricordato che tale interesse ad agire non sussiste qualora si proponga meramente un’azione di riscossione di un credito maturato nei confronti della società cancellata, per la quale sono passivamente legittimati i suoi ex soci (che ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali: Cass. SU n. 6070 del 2013), nella recente sentenza in commento si chiarisce che l’insussistenza dei presupposti per la cancellazione della società non può essere rilevata – incidentalmente – d’ufficio dal giudice adito per le azioni proposte verso la società cancellata.
La fattispecie oggetto del giudizio di legittimità
Il curatore di un’eredità giacente agiva in giudizio per sentir dichiarare la nullità di un atto di vendita immobiliare compiuto dal de cuius in favore di una società in liquidazione. Si costituiva in giudizio il cessato liquidatore della società convenuta eccependo, tra l’altro, l’inammissibilità di ogni azione nei confronti della stessa poiché ormai cancellata dal registro delle imprese.
Il Giudice di primo grado accoglieva l’eccezione rilevando come la società risultasse estinta prima dell’avvio del giudizio. L’attore soccombente proponeva appello, lamentando che il Tribunale non avesse correttamente considerato la domanda di revoca della cancellazione della società convenuta, ai sensi dell’art. 2191 c.c. La Corte di Appello dichiarava inammissibile il motivo di gravame del curatore in quanto fondato su una domanda tardivamente proposta nel giudizio di prime cure solo in comparsa conclusionale.
Il curatore dell’eredità giacente ricorreva in Cassazione censurando la sentenza di appello in quanto non avrebbe considerato che a fronte della domanda di nullità di un contratto, il Giudice deve incidentalmente rilevare, anche d’ufficio, l’inefficacia giuridica della delibera di estinzione che la società acquirente ha illegittimamente assunto per sottrarsi al giudizio.
La decisione della Corte di Cassazione
Secondo la Suprema Corte, a seguito dell’intervenuta iscrizione della cancellazione di una società dal registro delle imprese, chiunque vi abbia interesse può agire in giudizio in sede ordinaria per far accertare, con forza di giudicato, l’insussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la cancellazione medesima, se del caso cumulando detta azione con altra domanda cui sia strumentale, come ad esempio quella dell’impugnazione di un contratto del quale la società cancellata sia stata parte. In tal caso la società sebbene già cancellata è passivamente legittimata ovvero litisconsorte necessaria del relativo giudizio (cfr. Cass. n. 19804/2016, con riferimento all’azione di nullità proposta da un terzo; Cass. n. 10151/2004, con riguardo all’azione di simulazione assoluta o relativa; Cass. n. 11150/2003, con riguardo all’azione revocatoria ordinaria).
Precisano, però, i Giudici di legittimità che è preciso onere della parte che ne abbia interesse e legittimazione proporre tempestivamente tale azione, nel rispetto delle preclusioni del codice di rito, non potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice (art. 99 c.p.c.). Ciò chiarito, la Corte, rilevato che non risulta provata la tempestività della domanda in questione formulata dal curatore nel primo grado di giudizio, conferma la sentenza della Corte d’Appello e respinge il ricorso.
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