18 Marzo 2022
L’infarto occorso ad un lavoratore durante un viaggio di lavoro è configurabile quale infortunio sul lavoro, in quanto collegato all’attività lavorativa e va pertanto indennizzato: lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza 22 febbraio 2022, n. 5814.
Nel caso di specie, si discuteva della morte di un lavoratore intervenuta a seguito di infarto del miocardio, durante un viaggio di lavoro all’estero, che aveva determinato un forte stress per il de cuius, acuito da talune traversie, fra le quali la cancellazione di un volo, una lunga attesa in aeroporto ed un pernottamento di fortuna prima di affrontare un interminabile viaggio in treno che, nelle rivendicazioni degli eredi, avrebbero causato il malore fatale.
Nello specifico, la Corte d’Appello dell’Aquila aveva respinto la domanda degli eredi del lavoratore, ritenendo la morte di quest’ultimo non eziologicamente collegata alla prestazione lavorativa, bensì causata dall’esposizione ad un rischio generico, cui possono trovarsi sottoposti tutti coloro che viaggiano in aereo ed escludendo dunque il configurarsi di un infortunio in itinere. Gli eredi hanno quindi proposto ricorso avverso tale decisione avanti alla Suprema Corte di Cassazione, che ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di merito per un nuovo esame della fattispecie.
La Cassazione ha, infatti, ritenuto errata la decisione dei giudici di secondo grado, precisando che l’art. 2, c. 3, del D.P.R. n. 1124/1965, estende la tutela assicurativa a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro ed esclude qualsiasi rilevanza all’entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto; tale norma tutela, infatti, il rischio generico (quello del percorso) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni personali, una situazione diversa da quella tipica legata al c.d. “percorso normale”. La Suprema Corte ha dunque ribadito che l’infarto configura infortunio sul lavoro quanto eziologicamente collegato ad un fattore lavorativo, precisando inoltre che il ruolo causale dell’attività lavorativa non può essere escluso da una preesistente condizione patologica del lavoratore che, anzi, può rilevare in senso contrario, in quanto può rendere più gravose e rischiose attività solitamente non pericolose e giustificare il nesso tra l’attività lavorativa e l’infortunio.
A ciò si aggiunga che, secondo la normativa sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, nel caso di infarto del miocardio occorso durante un’attività lavorativa, anche lo stress psicologico e ambientale può integrare la causa violenta idonea a determinare la lesione mortale.
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