29 Marzo 2024
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 5854 del 5 marzo 2024 si è pronunciata in merito alle conseguenze, sul piano risarcitorio, della domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare.
I giudici di legittimità – dopo aver qualificato l’azione promossa quale domanda di risoluzione del contratto per inadempimento – hanno riconosciuto il diritto del promissario acquirente al risarcimento dei danni, con esclusione della restituzione del doppio della caparra confirmatoria, in ragione dell’alternatività tra i due rimedi.
Il caso e la decisione di merito
Una società, promittente venditrice di un’unità immobiliare, veniva citata in giudizio dalla promissaria acquirente lamentando diversi inadempimenti contrattuali, a fronte dei quali, la parte attrice chiedeva la condanna della convenuta alla restituzione degli importi già versati a titolo di anticipi, al risarcimento del danno per i maggiori interessi corrisposti ad un istituto di credito sul contratto di finanziamento e al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata.
All’esito dei giudizi di merito, la Corte di Appello dichiarava la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della promittente alienante e la condannava a restituire l’anticipo sul prezzo di compravendita dell’immobile, i maggiori interessi pagati sul contratto di finanziamento ed il doppio della caparra confirmatoria versata all’atto di stipula del preliminare.
Il giudizio della Cassazione
La promittente venditrice, soccombente in appello, presentava ricorso in Cassazione lamentando la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1385 c.c., per avere la Corte territoriale accolto la domanda di risoluzione del contratto preliminare e disposto, per l’effetto, la condanna al risarcimento dei danni, oltre al pagamento del doppio della caparra confirmatoria, trattandosi di due istituti alternativi e non cumulabili.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, sviluppando il proprio iter motivazionale a partire dalla qualificazione della domanda proposta in giudizio da parte dell’attore quale domanda di recesso ovvero di risoluzione per inadempimento del contratto.
La prima – a prescindere dalla sua qualifica formale – è ravvisabile ogni qualvolta sia manifesta la volontà di richiedere la condanna della controparte alla sola restituzione del doppio della caparra, quale unica ed esaustiva conseguenza risarcitoria dell’inadempimento, avvalendosi della sua funzione di liquidazione convenzionale del danno a favore della parte non inadempiente ex art. 1385 c.2 c.c..
Per converso, deve qualificarsi come domanda di risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c., la richiesta da parte dell’attore di risoluzione del contratto, oltre al pagamento del doppio della caparra ed al ristoro degli ulteriori danni. Il risarcimento del danno, in tal caso, è regolato dalle norme generali e, come tale, rimesso alla determinazione dell’autorità giudiziaria e subordinato alla dimostrazione dell’an e del quantum debeatur, restando esclusa la possibilità per la parte adempiente di pretendere anche il pagamento del doppio della caparra.
Nel caso di specie, la richiesta formulata dal promissario acquirente nei termini di domanda dichiarativa di risoluzione, con la pretesa di ricevere il doppio della caparra e il risarcimento dell’ulteriore danno, comporta la sua qualificazione alla stregua di domanda costituiva di risoluzione giudiziale., da cui consegue l’inibizione del riconoscimento del doppio della caparra.
Principio di diritto
A conclusione delle sopra riassunte argomentazioni la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto “A fronte della proposizione e dell’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, con il conseguente risarcimento dei danni, non può essere riconosciuta – in aggiunta – la restituzione del doppio della caparra confirmatoria, indipendentemente dalla prova del danno“.
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