24 Novembre 2025
La recente sentenza del TAR Lombardia e altri precedenti giurisprudenziali evidenziano come l’uso acritico dell’intelligenza artificiale negli atti processuali possa esporre gli avvocati a responsabilità processuali e disciplinari.
La sentenza del TAR Lombardia-Milano
L’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nella pratica legale, ma la sua adozione non è priva di rischi. Un recente esempio è rappresentato dalla sentenza del TAR Lombardia‑Milano n. 3348, emessa il 21 ottobre 2025. In quel caso, i genitori avevano ricorso contro la bocciatura della figlia, lamentando la mancata attuazione del piano personalizzato e delle misure di recupero. Il Tar ha rilevato che molte delle sentenze citate dall’avvocato non esistevano o erano del tutto estranee al tema scolastico.
Durante l’udienza, il legale ha ammesso di aver utilizzato strumenti di IA generativa per comporre l’atto processuale. Il TAR ha richiamato i principi di deontologia professionale, affermando che la firma sull’atto implica sempre la piena responsabilità del legale che ha l’onere di verifica dei contenuti.
Il Collegio ritiene che questa circostanza non possa essere considerata un’esimente, poiché la firma sugli atti processuali implica che il sottoscrittore ne assuma pienamente la responsabilità, a prescindere dal fatto che li abbia redatti personalmente, con l’aiuto di collaboratori o mediante strumenti di intelligenza artificiale. “Inoltre il difensore, in osservanza del principio della centralità della decisione umana (cfr. “La carta dei principi per un uso consapevole dei sistemi di intelligenza artificiale in ambito forense” redatta dall’Ordine degli Avvocati di Milano nel 2024 e reperibile sul sito istituzionale), ha un onere di verifica e controllo dell’esito delle ricerche effettuate con i sistemi di intelligenza artificiale, possibile fonte di risultati errati comunemente qualificati come “allucinazioni da intelligenza artificiale”, che si verificano quando tali sistemi inventano risultati inesistenti ma apparentemente coerenti con il tema trattato”.
Il comportamento del difensore configura una violazione del dovere di agire in giudizio con lealtà e correttezza, poiché introduce elementi che potrebbero influenzare in modo improprio il contraddittorio e la decisione del giudice, rendendo al contempo più gravoso e inefficace il lavoro di verifica delle sentenze citate e dei principi che esse dovrebbero rappresentare per il giudice e le controparti.
Il TAR ha così respinto il ricorso, condannato il ricorrente alle spese e, soprattutto, ha trasmesso copia della sentenza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano per le opportune valutazioni disciplinari, richiamando i doveri di lealtà e probità.
Precedenti giurisprudenziali
Il caso del TAR lombardo si aggiunge ad altre sentenze, di cui ricordiamo la pronuncia del Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 2120 del 16 settembre 2025. In quella vicenda, il ricorso introduttivo era stato redatto “col supporto dell’intelligenza artificiale” e il tribunale ha rilevato che conteneva “un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti, senza allegazioni concrete riferibili all’oggetto del giudizio”.
Per questo motivo, il Tribunale ha condannato la parte al pagamento di 500 euro per ciascuna controparte a titolo di lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ritenendo che vi fosse malafede o colpa grave.
Anche il Tribunale di Firenze, Sezione Imprese, con l’ordinanza n. 11053/24 del 14 marzo 2025 ha trattato un problema analogo: nei documenti difensivi erano presenti citazioni di sentenze inesistenti che, secondo il Tribunale, rientrano nelle cosiddette “allucinazioni” generate da ChatGPT. Il giudice fiorentino ha censurato la mancanza di verifica, ma non ha applicato l’art. 96 c.p.c. perché non ha ravvisato dolo o colpa grave, configurando piuttosto una negligenza professionale.
Possibili conseguenze della sentenza del TAR
L’intelligenza artificiale può rappresentare, quindi, un valido aiuto, ma non può mai sostituire la valutazione critica del professionista. L’utilizzo di dati non accurati o inventati compromette il corretto contraddittorio e può integrare una violazione dei doveri di lealtà e correttezza.
Nel caso del TAR Milano la segnalazione all’Ordine non è una mera formalità: può avviare una istruttoria disciplinare, con conseguenti sanzioni che spaziano dall’ammonimento alla sospensione, o persino la radiazione, a seconda della gravità della condotta. A ciò si aggiunga il danno reputazionale.
L’indicazione per tutti è chiara: bisogna controllare. Per gli studi legali è fondamentale impostare procedure interne rigide, mentre per i clienti è legittimo chiedere al proprio avvocato se ha utilizzato l’IA per redigere atti e, in caso positivo, in che modo garantisce la correttezza delle citazioni.
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