9 Maggio 2025
La sentenza n. 8301 del 28 febbraio 2025 della Corte di Cassazione penale ha ribadito il principio secondo cui una politica di mancati o ridotti investimenti nel settore della sicurezza può costituire presupposto per affermare la responsabilità dell’ente ex D.lgs. 231/01 qualora si verifichi un evento infortunistico.
Il caso: lesioni gravi ex art. 590 c.p.
Il caso di specie trae origine da un infortunio occorso ad un dipendente che subiva gravi lesioni alla mano a seguito del contatto con la lama del macchinario che stava utilizzando per operazioni di rifilatura.
Sia in primo grado che in appello il datore di lavoro era stato ritenuto responsabile del reato di lesioni gravi ex art. 590 c.p. in quanto il rischio legato all’utilizzo del macchinario non era stato contemplato nel documento di valutazione dei rischi e non erano state individuate misure tecniche e organizzative tali da assicurare che il macchinario stesso fosse oggetto di idonea manutenzione.
Conseguentemente, veniva altresì ritenuta sussistente la responsabilità amministrativa dell’ente sotto il profilo della colpa di organizzazione, in un contesto di assenza anche del modello organizzativo aziendale ai sensi del D. lgs. 231/01.
La società ricorreva in Cassazione sollevando diversi motivi di ricorso, tra i quali il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del requisito del vantaggio che sarebbe stato dalla stessa conseguito, ritenuto insussistente.
Proprio in relazione a tale specifico motivo, la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire il principio già affermato secondo cui la sottovalutazione del tema della sicurezza e i mancati investimenti in tale ambito sono tali da integrare il presupposto del vantaggio conseguito dall’ente in conseguenza del reato ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. 231/01.
Il principio ribadito dalla Cassazione
In particolare, scrive il Supremo Collegio, essendo emersa nella vicenda in oggetto “una vera e propria politica aziendale di incuria in materia antinfortunistica, espressione di una logica di sottovalutazione della sicurezza, settore nel quale la società non ha investito”, l’addebito colposo all’azienda era stato correttamente ricondotto dai giudici di merito “alla complessiva politica di non investimento nel settore della sicurezza portata avanti negli anni”.
Sul più specifico tema dell’apprezzabilità oggettiva del vantaggio conseguito dall’azienda, la Cassazione ha altresì precisato che “il criterio di imputazione oggettiva del vantaggio di cui all’art. 5 del D.lgs. 231/01 è integrato anche da un esiguo, ma oggettivamente apprezzabile, risparmio di spesa, collegato all’inosservanza, pur non sistematica, delle cautele per la prevenzione degli infortuni riguardanti un’area rilevante di rischio aziendale”.
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