8 Marzo 2022
Nella recentissima sentenza n. 6280/2022 del 24.2.2022 la Corte di Cassazione si è occupata del tema del rilievo dell’elemento temporale della durata della società rispetto al diritto di recesso spettante ai soci di S.p.a. L’occasione è stata data dalla causa promossa da un socio di una S.p.a. che non aveva partecipato alla delibera dell’assemblea straordinaria con cui la durata della società era stata abbreviata dal 2100 al 2040 e per tale ragione aveva esercitato il diritto di recesso ex art. 2473 c.1 let. e) sostenendo che in tal modo fosse stata di fatto eliminata l’ipotesi di recesso prevista dal secondo comma di detta norma (i.e. proroga della durata della società).
In primo luogo, è stato chiarito che, trattandosi di S.p.A., le fattispecie per le quali è riconosciuto il diritto di recesso per il socio che non abbia concorso all’approvazione delle deliberazioni indicate nell’art. 2437 c.c. (o nei casi previsti statutariamente – ove consentito -), sono di STRETTA INTERPRETAZIONE. Ciò in ragione del fatto che il diritto di recesso è concepito dal sistema del codice civile come estremo, ma efficace, strumento di tutela del socio avverso cambiamenti sostanziali dell’operazione cui partecipa, la cui disciplina tuttavia è conformata in modo da contemperare tale tutela con il favore verso la realizzazione e la stabilità dell’aggregazione societaria e delle sue risorse. Ciò anche al fine di evitare il depauperamento del patrimonio sociale e, conseguentemente, della garanzia che questo realizza per i creditori sociali.
Con specifico riferimento al rapporto tra la durata della società per azioni, la sua modifica ed il diritto di recesso, va osservato che l’elemento temporale rileva normativamente in due ipotesi. La prima riguarda – NON già la RIDUZIONE, ma – la proroga della durata della società, per la quale è prevista una autonoma causa di recesso, derogabile statutariamente (comma 2). La seconda concerne il caso delle società costituite a tempo indeterminato non quotate su mercati regolamentari, situazione in relazione alla quale, a prescindere dall’adozione di una qualsivoglia deliberazione, è riconosciuto il diritto di recesso ad nutum (comma 3), direttamente connesso alla durata indeterminata statutariamente prevista per la società e non alla modifica della stessa; sul piano della modifica della durata rileva, invero, solo la proroga (comma 2), mentre l’opposta ipotesi della riduzione della durata non è fonte di alcun autonomo diritto di recesso per il socio, né può dedursi dalla facoltà prevista dal comma 3.
Nel caso di specie l’applicabilità dell’art. 2437 c.c. è stata, dunque, esclusa perché la fattispecie in esame non rientrava in nessuna delle due ipotesi summenzionate.
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