21 Aprile 2022
Nella recente sentenza del 5 gennaio 2022, la Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di conflitto di interesse dell’amministratore la disciplina applicabile non va ricercata solo nell’art. 2391 c.c. ma, a seconda dei casi, può rilevare anche il disposto dell’art. 1394 c.c., con conseguente possibilità per la società di ottenere l’annullamento del contratto concluso dal suo amministratore in conflitto di interesse se tale conflitto era conosciuto o conoscibile al terzo contraente.
In particolare, è stato precisato che “nell’ipotesi prefigurata dall’art. 2391 c.c. il conflitto emerge in sede deliberativa e, quindi, in un momento anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo, e tocca, pertanto, l’esercizio (non già del potere rappresentativo, che si puntualizza nella spendita del nome della società verso i terzi) ma del potere di gestione, il cui esercizio, data la struttura dell’organo amministrativo, si estrinseca in deliberazioni collegiali”. Qualora, invece, il compimento di un atto posto in essere dal singolo amministratore non sia preceduto da una delibera consigliare, non sussistendo i presupposti per applicare l’art. 2391 c.c., la rilevanza del conflitto d’interesse dell’amministratore sulla validità del negozio deve essere disciplinata dai principi generali dettati dall’art. 1394 c.c.. Ciò può accedere nei casi in cui, pur essendovi il consiglio di amministrazione, l’operazione da compiere sia devoluta alla specifica competenza di uno soltanto dei suoi componenti (l’amministratore delegato) che abbia il potere di agire a firma singola ovvero quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto che rientri, invece, nella competenza di tale organo
E’ stato, infine, sottolineato che “il conflitto d’interessi idoneo, ai sensi dell’art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro”.