30 Maggio 2025
Con l’ordinanza n. 13343 del 7 giugno 2024, il Tribunale di Milano ha confermato il sequestro delle partecipazioni sociali detenute da alcune società operanti nel settore fotovoltaico, evidenziando la natura cautelare della misura e l’obiettivo sotteso alla stessa di prevenire il rischio di depauperamento del valore delle quote, oggetto di pegno a favore delle società resistenti.
Provvedimento cautelare e la condotta delle creditrici pignoratizie
Il Tribunale di Milano ha ritenuto che le società resistenti, in qualità di creditrici pignoratizie, abbiano abusato del loro diritto di pegno mediante la nomina di un nuovo amministratore, il quale ha poi disposto la cessione delle aziende delle società veicolo a una società da lui stesso amministrata. L’operazione è stata realizzata il giorno successivo alla dichiarazione dell’“Evento di Default” previsto nei contratti di pegno, senza alcun pagamento immediato del corrispettivo e con una determinazione del prezzo posticipata e condizionata a eventi futuri e incerti.
Tale comportamento è stato valutato dal giudice come una grave violazione dell’obbligo di conservazione del valore delle partecipazioni sociali, giustificando l’applicazione del vincolo cautelare per impedire ulteriori atti pregiudizievoli. Il rischio di svuotamento patrimoniale delle società veicolo, comprese le giacenze di conto corrente, ha rafforzato la necessità del sequestro.
Inquadramento giuridico dell’abuso del pegno
L’ordinanza ha richiamato i principi fondamentali in materia di pegno di partecipazioni sociali, chiarendo che:
- Il pegno riguarda esclusivamente le quote sociali e non direttamente il patrimonio delle società veicolo, che conservano autonomia patrimoniale e soggettività giuridica distinta.
- Il creditore pignoratizio non può esercitare le prerogative derivanti dal pegno, tra cui in primis il diritto di voto in assemblea, in modo da compromettere il valore delle partecipazioni sociali.
- L’abuso si verifica quando il diritto di voto in assemblea viene utilizzato per finalità diverse dalla conservazione del valore della partecipazione, come la distrazione di beni societari.
E’ stato evidenziato che la cessione delle aziende senza un corrispettivo immediato e certo configura un’operazione predatoria, in contrasto con l’obbligo di tutela del valore della garanzia pignoratizia.
Il Tribunale di Milano ha escluso che la ricorrente possa esercitare un’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c. per recuperare i beni ceduti, poiché il pegno non conferisce diritti diretti sul patrimonio delle società veicolo. Allo stesso modo, ha rigettato la richiesta delle società resistenti di escludere dal sequestro le due società con progetti “falliti”, ritenendo che il pregiudizio riguardi l’insieme delle partecipazioni sociali oggetto di pegno.
Replica delle società resistenti e decisione del tribunale
Le società resistenti hanno giustificato l’operazione affermando di aver agito per “mettere in sicurezza” i progetti fotovoltaici, minacciati dal disimpegno finanziario della ricorrente e dalla cattiva gestione del precedente amministratore. Hanno inoltre sottolineato l’intervento di un nuovo investitore per garantire il finanziamento necessario.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto tali giustificazioni non sufficienti a escludere la natura abusiva dell’operazione, evidenziando che il cambio di amministratore sarebbe stato sufficiente per superare le difficoltà senza necessità di privare le società veicolo delle loro aziende. In caso di inadempienza della ricorrente, le creditrici avrebbero potuto escutere il pegno secondo le modalità previste dagli artt. 2795-2797 c.c., garantendo trasparenza nella determinazione del prezzo.
Conferma del sequestro e nomina del custode
Il Tribunale di Milano ha quindi confermato il sequestro delle partecipazioni sociali ai sensi dell’art. 2793 c.c. e ha nominato un custode, con il compito di esercitare i poteri previsti dagli articoli 2471 bis e 2352 c.c., previa consultazione con la ricorrente e le società resistenti.
Tutte le altre richieste cautelari, comprese quelle riconvenzionali delle società resistenti per presunte condotte di concorrenza sleale e richieste risarcitorie, sono state respinte in quanto non connesse alla misura cautelare principale. Le spese processuali sono state compensate tra le parti.
Implicazioni pratiche per imprese e operatori del diritto
La decisione evidenzia l’importanza della correttezza e buona fede nell’esercizio del diritto di pegno sulle partecipazioni sociali e dei principi che devono essere rispettati dai creditori pignoratizi nell’esercizio delle loro prerogative. Il provvedimento sottolinea che il pegno sulle quote sociali non può essere utilizzato per sottrarre valore alle società sottostanti, ribadendo il principio della tutela dell’integrità patrimoniale.
Il provvedimento rafforza la necessità di una chiara regolamentazione contrattuale del pegno e dei relativi meccanismi negoziali oltre che di un’attenta valutazione del ruolo degli amministratori nominati dai creditori pignoratizi, per evitare condotte che possano essere considerate abusive e legittimare la richiesta di misure cautelari invasive quali il sequestro.
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