7 Luglio 2025
Con la sentenza n. 22082 del 12 giugno 2025 la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito che anche le società di capitali unipersonali rientrano nel perimetro della responsabilità da reato degli enti prevista dal D.lgs. 231/2001. Sul punto si erano aperti interrogativi, posto che l’apparente immedesimazione tra persona fisica e persona giuridica avrebbe potuto creare il rischio di una doppia sanzione nei confronti dello stesso soggetto. La Cassazione si era già pronunciata in merito con la sentenza n. 45100/2021, affermando un principio di diritto che viene confermato dalla sentenza in esame.
Il caso oggetto della sentenza n. 22082/2025
Il caso riguarda una s.r.l. unipersonale operante nel settore della gestione dei rifiuti. L’amministratore unico era imputato per violazioni ambientali ed alla società era stata irrogata la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 25-undecies D.lgs. 231/2001.
La società proponeva ricorso per Cassazione e – tra le varie eccezioni – sosteneva che il socio e amministratore unico accentrava su di sé il potere direttivo, gestionale e di spesa, ragion per cui non era configurabile un interesse aziendale distinto da quello della persona fisica che deteneva il capitale sociale.
La Cassazione ha respinto tale impostazione e confermato l’orientamento già espresso in merito, secondo cui è ammessa “l’inclusione tra i destinatari della disciplina dettata dal D.lgs. 231/01 delle società unipersonali, a condizione che sia individuabile un interesse sociale distinto da quello dell’unico socio, tenendo conto dell’organizzazione della società, dell’attività svolta e delle dimensioni dell’impresa, nonché dei rapporti tra socio unico e società”.
Secondo la Suprema Corte, il criterio che consente di affermare la sussistenza di un interesse sociale distinto da quello del socio unico è quindi quello organizzativo. In tal senso, la Cassazione ha confermato le valutazioni della Corte d’Appello di Trieste, che aveva correttamente “valorizzato il numero di dipendenti della società e l’organizzazione aziendale, tutt’altro che rudimentale e inconsistente, come comprovato dal numero dei dipendenti e dal valore dei beni che compongono il patrimonio sociale”.
La sentenza perviene quindi ad affermare la “dualità soggettiva tra ente e persona fisica”, dimostrando che “l’ente è connotato da interessi propri, da un’organizzazione articolata e da un patrimonio consistente, che lo rendono un soggetto economico e giuridico differente dalla persona fisica che lo amministra e che detiene il capitale sociale”.
Spunti operativi per la compliance delle società di capitali unipersonali
La pronuncia può quindi suggerire tre direttrici di intervento alle società di capitali unipersonali per conformarsi alle prescrizioni del D.lgs. 231/01:
- predisporre un organigramma, anche snello, che identifichi quelli che sono i ruoli e le responsabilità non in capo al socio-amministratore;
- separare formalmente il patrimonio sociale da quello personale del socio-amministratore;
- adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo con un organismo di vigilanza anche monocratico, dotato di effettiva e comprovata autonomia, indipendenza e continuità di azione.
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