4 Settembre 2024
Con l’Ordinanza n. 17988, pubblicata il 1° luglio 2024, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato i principali profili della disciplina del dolo contrattuale, focalizzando l’attenzione sui criteri distintivi tra dolo principale e dolo incidente. Categorie che, secondo la decisione in commento, sono state sovrapposte nella motivazione della sentenza impugnata che, pertanto, è stata cassata con rinvio.
Il caso e la decisione di merito
La fattispecie oggetto dell’ordinanza in commento riguarda due contratti di compravendita di automobili usate cui era stato manomesso il contachilometri.
La sentenza di appello ha disposto l’annullamento per dolo dei predetti contratti di compravendita in ragione della contraffazione dei chilometri percorsi dalle vetture alienate, motivando in particolare sulla base del fatto “che l’errore indotto dal raggiro era stato tale da determinare la parte acquirente a concludere il contratto che altrimenti non avrebbe concluso, sicché era possibile ritenere che la società appellata non avrebbe acquistato i due mezzi oppure ne avrebbe certamente discusso in modo più conveniente il prezzo, nel contesto di una scelta che non spettava al giudicante presumere, essendo del tutto comprensibile che la circostanza accertata avrebbe incrinato il rapporto fiduciario tra le parti”.
L’Ordinanza della Cassazione
Secondo la Suprema Corte la motivazione della sentenza impugnata nella parte relativa all’annullamento dei contratti per dolo (nel passaggio sopra riportato) sarebbe avvinta da un contrasto tra affermazioni tra loro inconciliabili. Infatti delle due l’una: i raggiri del venditore possono aver indotto il contraente a concludere un accordo che, altrimenti, non avrebbe concluso (nel qual caso il dolo principale determina la conseguenza dell’annullamento del contratto) oppure, diversamente, possono incidere sul prezzo di compravendita ossia sulla conclusione del contratto a condizioni diverse da quelle pattuite (con diritto al risarcimento del danno).
Per chiarire quanto precede la Cassazione effettua una disamina della disciplina del dolo contrattuale ed in tal senso riconosce che il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti siano tali che senza di essi l’altra parte non avrebbe contrattato, concretizzandosi in un inganno che abbia ad oggetto circostanze essenziali del negozio, determinanti per la prestazione del consenso del raggirato.
Diversamente, il dolo incidente consiste in raggiri non determinanti del consenso, sicché il contratto è valido benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse.
Pertanto, secondo la Suprema Corte, per l’annullamento del contratto occorre che il dolo ingeneri nella vittima un errore influente sull’an della prestazione del consenso, il che sussiste al verificarsi delle seguenti condizioni: “a. che vi sia una condotta, commissiva od omissiva, materializzata da raggiri, ossia da un complesso di manovre e artifizi; b. che tale condotta sia riconducibile ad un animus decipiendi del deceptor, ossia che vi sia una specifica intenzione di ingannare; c. che in conseguenza il deceptus sia caduto in errore; d. che vi sia un nesso di causalità sia tra i raggiri e l’errore sia tra la condotta fraudolenta e la decisione del deceptus di stipulare il contratto”.
Il dolo può quindi distinguersi in commissivo: qualora siano ravvisabili gli estremi di un complesso di artifizi volti ad ingannare la vittima; od omissivo: in tal caso, però il silenzio può acquistare rilevanza solo se si inserisce nel complesso di malizie od astuzie dirette a realizzare un inganno.
A fronte dei concetti che precedono la Corte di Cassazione cassa la sentenza di appello con rinvio invitando il giudice del rinvio a chiarire se i raggiri hanno avuto un’incidenza determinante sulla stipula del contratto, oppure se abbiano inciso esclusivamente sulle condizioni contrattuali.
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