31 Maggio 2024
I sub-acquirenti che hanno acquistato da chi, a sua volta, aveva conseguito il bene dal fallito sono tutelati dall’azione revocatoria secondo il regime ordinario, non operando nei loro confronti le previsioni dell’art. 67 della Legge Fallimentare che stabilisce presunzioni e inversioni degli oneri di prova in favore della curatela.
Nella sentenza di recentissima pubblicazione, il Tribunale di Roma ha chiarito che l’art. 67 della Legge Fallimentare, non facendo alcun riferimento alla sorte dei diritti di coloro che abbiano sub acquistato dal primo acquirente dal debitore fallito, è inapplicabile agli atti di acquisto di tali sub-acquirenti.
La circostanza che la revocatoria ordinaria e quella fallimentare presentino identità sostanziale e funzionale, come è confermato sia dalla norma di collegamento dell’art. 2904 c.c. che da quella speculare dell’art. 66, co. 1 Legge Fallimentare, non è di per sé sufficiente a estendere l’operatività del regime speciale previsto dall’art. 67 della Legge Fallimentare anche ai sub-acquirenti.
Nei confronti dei sub-acquirenti è destinato a trovare applicazione il regime generale dettato in materia di azione revocatoria ordinaria e specificamente dall’art. 2901 c.c. ultimo comma che fa salvi i diritti sub acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede. È onere di chi agisce, per far accertare l’inefficacia dell’atto intervenuto fra il debitore fallito ed il suo avente causa diretto e loro dante causa, provare la sussistenza dell’elemento soggettivo della mala fede, anche nel caso in cui l’attore sia il curatore fallimentare.
In questi casi, quindi, il curatore non potrà giovarsi dell’inversione dell’onere della prova previsto dal primo comma dell’art. 67 della Legge Fallimentare che stabilisce la revocabilità di tutti gli atti ivi elencati “salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore” e, viceversa, dovrà dare piena prova della mala fede dei sub-acquirenti, da individuarsi nella consapevolezza, da parte dei questi ultimi, del fatto che l’atto di acquisto intervenuto fra il suo dante causa ed il debitore fallito era revocabile ai sensi dell’art. 67 1.f. (cfr. ex multis Cass. civile n. 40862/21).
È stato altresì precisato che, laddove ci si trovi dinnanzi ad una sequenza del tipo atto immediato gratuito – atto mediato oneroso, al curatore spetta provare la mala fede del sub-acquirente in rapporto all’evento pregiudizievole per i creditori consistito nella gratuità del primo atto posto in essere dal fallito che è all’origine della catena dei trasferimenti (vedi Cass. civile n. 2772/12).
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