16 Febbraio 2024
La recente sentenza della Cassazione n. 3581 pubblicata l’8 febbraio 2024 ha ribadito il principio di diritto che attribuisce particolare rilevanza alle fatture commerciali e, nello specifico, all’annotazione contabile delle stesse da parte del destinatario, riconoscendole carattere “confessorio”, in assenza di contestazioni.
Il caso
Nel caso preso in esame dalla Corte Suprema, una società, attiva nel settore dello smaltimento dei rifiuti di lavorazione, aveva visto annullare un decreto ingiuntivo a seguito dell’opposizione presentata dall’impresa che le aveva fornito i materiali di scarto. Quest’ultima affermava che le prestazioni indicate nella fattura non corrispondevano a quanto stabilito nel contratto.
Il destinatario della fattura, tuttavia, aveva annotato la fattura nelle proprie scritture contabili e non l’aveva contestata in via stragiudiziale, salvo poi opporsi al decreto monitorio, con il quale la società emittente cercava di ottenere il pagamento dell’importo regolarmente fatturato. I giudici di merito avevano accolto l’opposizione senza riconoscere il valore di prova della fattura e ignorando il comportamento del destinatario, che l’aveva annotata nelle proprie scritture contabili.
Decisione della Cassazione
Nel caso specifico, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla società emittente la fattura, sottolineando l’efficacia probatoria piena dell’annotazione contabile della fattura da parte del debitore, che costituisce un atto ricognitivo di natura confessoria. Sulla scorta di tale principio la Corte ha, quindi, rilevato che la sentenza impugnata aveva erroneamente negato la valenza probatoria della fattura nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Principio di diritto
Il principio di diritto posto a fondamento della decisione in commento della Suprema Corte afferma che una fattura commerciale non solo ha efficacia probatoria nei confronti dell’emittente, ma può costituire piena prova per entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente credito quando la fattura è accettata dal destinatario della prestazione. Tale accettazione può ricavarsi dall’annotazione della fattura nella propria contabilità da parte del destinatario e dall’assenza di contestazioni stragiudiziali della stessa. In queste circostanze, l’annotazione contabile della fattura costituisce atto ricognitivo di un fatto produttivo di un rapporto giuridico sfavorevole al dichiarante che, in quanto tale, ha natura confessoria, in forza di quanto disposto dall’art. 2720 c.c.
Conseguenze della Decisione
La decisione della Cassazione sottolinea che la registrazione di una fattura nella contabilità può rappresentare una prova scritta dell’esistenza di un credito tra imprenditori. Questa annotazione può essere considerata un atto ricognitivo del debito da parte del soggetto destinatario, con natura confessoria, come indicato dall’art. 2720 del Codice Civile. In altre parole, in linea generale, l’impresa che registri una fattura passiva nella propria contabilità senza contestarla sta riconoscendo di essere debitrice nei confronti dell’impresa che ha emesso tale fattura, con valore di piena prova di quanto riportato in fattura a vantaggio di quest’ultima.
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